La morte di Vialli: i ricordi Del Piero, Baggio e Serena, «Per sempre nostro capitano»

Quanti compagni, avversari, allenatori, tifosi, sportivi di ogni posto e dimensione a piangere Gianluca Vialli. Anche dalle nostre parti, tra i tanti con cui ha giocato e collaborato, lascia un vuoto incolmabile

Andrea Dossi e Stefano Volpe
Gianluca Vialli a Venezia
Gianluca Vialli a Venezia

Come una rovesciata, o uno dei suoi destri precisi, o un contropiede che ti lascia senza fiato. Quanti compagni, avversari, allenatori, tifosi, sportivi di ogni posto e dimensione a piangere Gianluca Vialli. Anche dalle nostre parti, tra i tanti con cui ha giocato e collaborato, lascia un vuoto incolmabile.

Basta digitare un numero sullo smartphone o incrociare i social: di Luca restano le prodezze sul campo - numeri e trofei parlano per questo - ma ai fortunati che hanno avuto l’occasione di camminare con lui mancherà soprattutto una persona rara e indimenticabile.

Il ricordo Bordon: «L’ho visto crescere»

«Educato, sapeva ascoltare, meticoloso in tutto perché voleva sempre migliorarsi – racconta Ivano Bordon, portiere-mundial di Marghera che ha visto Vialli muovere i primi passi in A alla Samp e arrivare al vertice con la Juve – a Genova è arrivato 20enne, io ne avevo 33: l’ho visto crescere e diventare trascinatore, lui e Mancini venivano spesso a mangiare a casa mia.

Morto Vialli: il ricordo di Ivano Bordon

Lui poi è andato alla Juventus, io l’ho raggiunto come preparatore dei portieri nello staff di Lippi: i due anni passati assieme sono culminati con la vittoria della Champions League». Bordon offre un inedito aneddoto su Vialli: «Ne avrei da raccontare... Ritiro precampionato al Ciocco con la Sampdoria, ero a pranzo. Salgo in camera, apro la porta ma tutto era buio, un abat jour dava una luce soffusa e sul letto c’era una persona con fez e libro in mano. Chiedo scusa e me ne vado pensando di aver sbagliato. Rifletto, torno e guardo meglio: era Luca che voleva farmi uno scherzo, uno dei migliori che si possa fare in ritiro».

Dal Canto: «Era il mio leader»

Tanti i veneti in blucerchiato con Vialli, i trevigiani Francesco Casagrande, Roberto Breda, Filippo Dal Moro e Renato Buso. Alla Juve la consacrazione ma Vialli ha sempre trattato tutti da pari: «Persona eccezionale, sensibilità e intelligenza superiore alla media – afferma Alessandro Dal Canto, originario di Castelfranco e per due anni in bianconero, legato al Venezia, al Padova e al Treviso – avevo 18 anni, mi è stato di grande aiuto. Dovevo esordire in serie A, Vialli venne in camera mia e mi disse che se non sapevo che cosa fare dovevo passargli la palla. Ha spezzato la tensione, ha cercato di dare una mano con una battuta, pur dicendo la verità, perché era il più forte».

A Torino Vialli ha giocato col trevigiano Gigi Sartor e i padovani Massimiliano Giacobbo e Dino Baggio. Senza dimenticare il suo “erede”, Alessandro Del Piero: «Nostro Capitano. Mio Capitano. Sempre», ha scritto la bandiera bianconera.

Aldo Serena: «Ha vissuto a piene mani»

L’azzurro è stato un altro capitolo importante nella vita di Vialli che è stato tra i protagonisti silenziosi della vittoria dell’europeo del 2021, nello staff lo troviamo col veneziano Gianni Vio. «Era una persona allegra, contagiosa e con voglia di vivere, se n’è andato troppo presto – sono le parole del compagno di nazionale Aldo Serena, montebellunese – ci siamo frequentati con la maglia azzurra, siamo andati ai mondiali di Messico ’86 e Italia ’90. Ha vissuto la vita a piene mani fino a quando ha potuto». «Spero che Paolo possa accoglierti fra le tue braccia rassicuranti – ha detto Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi – mi sei stato vicino quando Pablito se n’è andato».

Morto Gianluca Vialli, ecco il ricordo di Aldo Serena: "Aveva grande voglia di vivere"

Chi non dimentica anche il Vialli allenatore è Samuele Dalla Bona che da Portogruaro lo ha raggiunto a Londra sotto la sua guida tecnica: «”Cerchiamo giovani per il Chelsea” sono le tue parole che non dimenticherò mai. Grazie mister, sei stato il mio primo allenatore da professionista, mi hai fatto esordire in Champions, eri simpatico e pronto alla battuta». Roberto Baggio ricorda l’ amico-rivale in campo in azzurro. «Il mio più profondo pensiero lo rivolgo a sua moglie, ai figli, ai genitori, ai fratelli, ai cari amici. Con il tuo sorriso e l'allegria porta anche lassù il tuo amato pallone. A noi rimarrà per sempre il tuo coraggio ed il tuo prezioso esempio».

Galderisi: «È stato un fratello»

Il destino e le circostanze della vita a volte lasciano senza fiato. Nanu Galderisi, nel pomeriggio di ieri, faticava ancora a mettere insieme il puzzle della giornata trascorsa: «Sembra incredibile, ma ieri notte avevo proprio sognato Gianluca», il racconto dell’ex attaccante di Padova e Verona.

«Ho sognato che mi abbracciava, probabilmente perché negli ultimi giorni pensavo costantemente a lui. Gli ho mandato tanti messaggi in queste settimane, anche soltanto un cuoricino per fargli sentire la mia vicinanza. Quando mi sono svegliato ero felice, perché il sogno mi sembrava così vero e autentico. Tuttavia, dopo qualche minuto mi ha preso una sensazione d’ansia, finché non mi è arrivata la telefonata».

Galderisi e Vialli si conoscevano da più di 40 anni. Nanu classe 1963, Gianluca un anno più giovane. Stesso ruolo, stesso talento precoce, stessa generazione calcistica: «Ci siamo visti per la prima volta a Coverciano, avevamo più o meno 14 anni. Abbiamo fatto decine di provini insieme con la speranza di rientrare nella rosa dei convocati per la Nazionale Juniores. Da lì è cominciata la carriera di entrambi, per me è sempre stato un fratello e non ci siamo mai persi di vista». Avversari ma anche qualche partita fianco a fianco: «Nell’Under 21 abbiamo giocato assieme come coppia offensiva. Lui era forte, scaltro, agile ma soprattutto metteva sempre il cuore in quello che faceva.

Abbiamo condiviso l’esperienza con la Nazionale ai Mondiali di Messico 1986 quando io partivo dal primo minuto e lui mi sostituiva. Eravamo forti, pronti a esplodere ma c’è mancato qualcosa. Voglio ricordare la bellezza di una persona educata, gentile, divertente e il coraggio che ha dimostrato nell’affrontare la malattia. Lo stesso che metteva in campo ogni volta che allacciava gli scarpini. Nulla è stato in grado di scalfirlo, la paura non ha mai preso il sopravvento».

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