La ruspa contro il monastero decreta la fine delle cave sugli Euganei, l'anniversario di una battaglia civile

PADOVA. Il “De profundis” alle cave dei Colli Euganei nel Padovano parte da lì, cinquant’anni fa. La legge che avrebbe posto fine alla devastazione sarebbe stata approvata a fine anno, nel novembre.
Ma la molla sta in quel 15 gennaio 1971 quando viene abusivamente demolita una casa (parte di un monastero medioevale) che stava a ridosso di una cava, a Battaglia Terme: è quel gesto ad alimentare nel territorio una mobilitazione spontanea che dopo una lotta di mesi e l’intervento di parlamentari di tutti i partiti, i Dc Romanato e Fracanzani in testa, porterà al blocco delle escavazioni. In vista di quell’evento, Gianni Sandon, animatore dei Comitati Colli che si fece regista di quella battaglia, rilancia ora un’idea di recupero dell’area, su cui sorgono i resti dell’ex monastero delle Croci.

La cava della discordia era attiva dal 1930, giusto a ridosso del monastero, in un’area di proprietà della famiglia Dalla Francesca, cui apparteneva il complesso del Catajo; negli anni, si era mangiata buona parte del colle. Bloccata momentaneamente durante la guerra, l’escavazione era poi ripresa, alternando periodi di sosta ad altri di intensa attività; sospesa nel 1958, era ripartita cinque anni più tardi, innescando in loco le prime forme di protesta.
Nel 1966 si era giunti ad imporre un vincolo paesaggistico, ma due anni dopo era stato messo in campo un progetto di espansione, destinato ad arrivare ben oltre la cima del colle. Nasce da lì la decisa reazione di opinione pubblica che porta alla nascita dei Comitati per la salvezza dei Colli Euganei, presto proliferati in molti Comuni dell’area. E qui si innesta appunto la ricordata proposta di legge trasversale, varata definitivamente a fine anno, dopo aspre battaglie con i cavatori.
Nel luogo sorgeva peraltro una casa abitata dalla famiglia Orietti, sette componenti, affittuaria dei Dalla Francesca. Nel frattempo, l’attività della cava peraltro procedeva, giungendo a ridosso dei resti dell’ex monastero. Nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1969, una frana ne provocò l’ulteriore avvicinamento, compromettendo tra l’altro in modo irreparabile l’utilizzo del pozzo d’acqua cui attingeva la famiglia Orietti. Il giorno successivo venne presentato un esposto, e il pretore di Monselice ordinò il blocco dei lavori, contro il quale i Dalla Francesca presentarono ricorso, sperando di ottenere lo sgombero della casa.
Ma gli Orietti decisero di rimanere: iniziò un lungo braccio di ferro protrattosi per ben due anni, periodo durante il quale furono i Comitati Colli a farsi carico di garantire agli abitanti la fornitura d’acqua. La situazione a un certo punto divenne però insostenibile, e gli Orietti lasciarono l’abitazione il 14 gennaio 1971. Il giorno seguente, i Dalla Francesca fecero radere al suolo l’antico edificio con una ruspa: gesto per il quale il pretore il 14 maggio successivo li condannò a 400 mila lire di ammenda per demolizione priva di autorizzazione.
È proprio in ricordo di quell’evento che oggi i protagonisti di quella vicenda hanno sottoposto al Parco Colli Euganei una proposta di recupero dell’area, sulla scorta dell’interesse ambientale del sito dell’ex cava, attualmente acquisito dalla Provincia che ne ha ricavato un parco naturalistico, e che è lambito da tre dei sentieri più suggestivi dei Colli: quello delle Creste, quello di mezza Costa e il Ferro di cavallo.
L’idea è quella di ripulire la spianata sulla sommità del colle, nell’area antistante il sedime occupato dall’edificio abbattuto; assicurare un’adeguata protezione sul margine del fronte-cava; proteggere con una recinzione l’area occupata dai ruderi dell’edificio demolito; disporre dei pannelli che illustrino la storia del sito; sistemare il tratto di sentiero che dal piazzale di cava porta alla sommità del colle. Sul progetto c’è l’interesse del Parco Colli. —
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