La scalata delle autostrade
VENEZIA. La scalata alle autostrade del Veneto e del Nordest. C’è anche questo spaccato di storia dell’intera nostra regione, nelle risposte date ai pm veneziani dal manager Piergiorgio Baita (ex capo della Mantovani) e Claudia Minutillo, ex segretaria di Giancarlo Galan. E molto di questo gioco ruota, ancora una volta, attorno all’autostrada magica e fantasma: la Valdastico Nord, che è una concessione che risale 1970 ed è in mano all’Autostrada A4 Brescia-Padova, e permette a chi comanda la “Brescia-Padova” di ottenere una proroga per tenere in mano fino al 2026 quella cassa che ogni giorno tintinna perché riceve i pedaggi di automobilisti e camionisti. E la beffa maggiore, forse, è che il risiko autostradale, i privati veneti, se lo sono costruito sostituendo gli enti pubblici ma utilizzando i loro stessi soldi, quelli pubblici appunto.
Con la “Brescia-Padova” presa di fatto in mano, Banca Intesa - racconta Baita - aveva siglato un patto con l’altro grande socio privato entrato in “Brescia-Padova”, la Astaldi Costruzioni. Ma anche i veneti, la Mantovani, volevano entrare “nella stanza dei bottoni” dell’A4: le azioni si possono comprare, spiega Baita, ma noi «volevamo partecipare al patto di sindacato interno, cioè alle decisioni». Come fare? La strategia ruota proprio attorno alla Valdastico: Baita, con la Minutillo, riesce a organizzare un summit con i vertici di Astaldi e Banca Intesa assieme all’assessore regionale Renato Chisso, per far capire ai futuri alleati che c’è un unico modo per arrivare ad avere il sì alla Valdastico Nord, e quindi alla proroga della potente società concessionaria: la trattativa tra Regione Veneto e Trentino che stava conducendo Chisso, il quale “sponsorizzava” appunto la Mantovani. La Mantovani era già entrata nella società “Padova-Venezia” (socia della “Brescia-Padova”): una concessionaria ormai scaduta perché sostituita dalla Cav, la società Anas-Regione che ha costruito e gestisce il nuovo Passante di Mestre. Qui è Claudia Minutillo a raccontare la vicenda. Primo: perché acquistare una società che sta perdendo la concessione? Non valeva più, è vero, ma aveva in cassa 120 milioni di euro. Chi ce li aveva lasciati? L’ad Lino Brentan, finito ai domiciliari tre settimane fa. Morale: i privati (in questo caso Baita fa entrare nell’operazione anche il gruppo Gavio, l’altro grande protagonista privato del risiko autostradale del Nord) comprano le quote e fanno incassare soldi freschi agli enti pubblici di Venezia e di Padova. Ma subito dopo, racconta Minutillo, «si divisero il capitale in cassa e si riportarono a casa i soldi». Operazione a costo sero, che spalanca però le porte del regno autostradale. Va notato però che Baita, a specifica domanda, precisa che gli enti pubblici di Venezia e Padova non avevano scelta, dovendo fare cassa, e che «era un favore che facevamo noi a loro».
Con il controllo della “Padova-Venezia”, che non per niente viene ribattezzata “Serenissima”, i privati entrano a vele spiegate anche nella grande “Brescia-Padova”. E poi, spiega Minutillo, i privati assumono «il requisito del concessionario», utili per partecipare alle gare in project financing (i verbali parlano più volte di Nogara-mare, Treviso-mare e altre grandi opere). Ma «era nelle intenzioni di Baita di andare all’assalto della Cav».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova