La Stefanel tagliata a metà restano a casa 93 dipendenti

Circa la metà dei 200 occupati a Ponte di Piave usufruirà della cassa integrazione fino a febbraio 2014. Poi ci sarà la mobilità, dopo quattro anni di ammortizzatori sociali
Di Francesco Dal Mas
Borin Ponte di paive ditta Stefanel
Borin Ponte di paive ditta Stefanel

PONTE DI PIAVE. Un altro dramma del lavoro. Tanto più grave perché colpisce una delle più blasonate industrie dell’abbigliamento della provincia, la Stefanel. La ditta di Ponte di Piave, infatti, si trova costretta a lasciare a casa circa la metà dei suoi collaboratori, ben 93 su 200. Si tratta di una quota degli esuberi individuata già nel 2009 e che viene a maturazione in questo mese di giugno dopo la cassa integrazione e i contratti di solidarietà. Gli interessati potranno beneficiare di un supplemento di cassa integrazione fino al prossimo mese di febbraio, poi si aprirà per loro la mobilità, da due a tre anni secondo l’anzianità. Per il momento, dunque, non si tratta ancora di licenziamenti.

I quattro anni di ammortizzatori sociali purtroppo non sono stati sufficienti – come ammette il sindacalista Andrea Misericordia della Cisl – per una ripresa produttiva. I contratti di solidarietà si sono conclusi la scorsa settimana, adesso ci saranno a disposizione due mesi di cassa cosiddetta “ministeriale” e poi altri di cassa in deroga. Quando, l’altro giorno, Misericordia e il suo collega Andrea Guarducci della Cgil, hanno spiegato la cruda situazione agli operai in assemblea, c’è chi ha pianto dalla disperazione. La Stefanel ha rappresentato, da generazioni, la Fiat di Ponte di Piave. «Nessuno qui poteva mettere in conto una fine così drammatica» ammette il sindaco Roberto Zanchetta. Ieri pomeriggio, di ritorno da un convegno a Venezia, Zanchetta ha trovato all’ingresso dell’ufficio i primi “reduci”. «Mi ha letteralmente impressionato la disperazione di una coppia, marito e moglie, entrambi dipendenti della Stefanel ed entrambi sulla via del non ritorno». A Ponte di Piave non esistono alternative d’impiego, nessuna ditta sta assumendo e il sindaco si trova pertanto nell’impossibilità di suggerire indirizzi. «Nelle prossime ore chiederò un appuntamento con i manager della Stefanel, per fare il punto della situazione e in particolare per verificare se dopo questo momento di difficoltà può aprirsi una prospettiva. Ma temo di no». Al sindaco l’hanno detto, chiaro e tondo, gli stessi lavoratori. «La crisi del tessile è a livello mondiale e non ci sono prospettive per le nostre aziende», ammette Guarducci. Era il 2009 quando la Stefanel ha iniziato il programma di ristrutturazione, anzi, di più ristrutturazioni, accompagnandolo prima col ricorso alla cassa integrazione, poi con i contratti di solidarietà. Allora l’organico era di oltre 300 dipendenti. In quattro anni, dunque, saranno ridotti a un terzo. «Abbiamo anticipato ai lavoratori che il sindacato farà di tutto per individuare nuove possibilità di integrazione» conferma Misericordia «Sabato prossimo andremo a Roma per manifestare in piazza l’esigenza che il governo trovi immediatamente risorse per dare copertura agli ammortizzatori sociali che si stanno spegnendo». Al momento, però, la situazione non potrebbe essere più drammatica. Cento famiglie che possono contare su una parvenza di reddito soltanto per sei mesi ancora. Poi basta. E nessuna prospettiva di lavoro. La Stefanel, intanto, si sta trasformando da azienda produttiva in impresa commerciale, che importa da tutto il mondo produzioni da vendere nei numerosi negozi distribuiti nei diversi continenti. Da questo punto di vista l’organico Stefanel raggiunge circa le mille unità. A Ponte di Piave si sostiene che il supplemento di crisi produttiva non dovrebbe avere nessuna ricaduta sulla rete commerciale, per cui il marchio Stefanel continuerà a vivere di luce propria nei mercati di tutto il mondo.

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