L’Adunata degli Alpini rinviata a ottobre «Una decisione dolorosa ma necessaria»

Il presidente Ana Favero dà l’annuncio. Molte “penne nere” avevano già organizzato il soggiorno a Rimini e San Marino

LA DECISIONE



L’Adunata degli alpini si farà, anche se non dal 7 al 10 maggio come previsto. Il raduno più importante e atteso delle penne nere slitterà all’autunno ipotizzando una data provvisoria verso la seconda metà di ottobre: così ha deciso il consiglio nazionale dell’Ana riunito ieri sera in videoconferenza. «È una decisione dolorosa ma necessaria» spiega il presidente Sebastiano Favero.

Già nei giorni scorsi l'ipotesi aveva cominciato a circolare, alla luce dell’emergenza legata al diffondersi dell’epidemia di Coronavirus. La voce si è trasformata in realtà, superati alcuni passaggi obbligati. Nella giornata di giovedì e poi ieri mattina si era riunito il comitato organizzatore di Rimini e San Marino, esprimendo il proprio parere, assunto ieri sera dall’interno consiglio degli alpini. Si tratta di un rinvio, non di una cancellazione, visto che le Adunate si susseguono puntuali ogni anno con un’unica eccezione rappresentata dagli anni tragici della seconda guerra mondiale.

L’appuntamento riunisce un fiume di penne nere (a Treviso nel 2017 erano 500 mila) e sarebbe un rischio troppo grosso affrontarlo agli inizi di maggio, quando si teme che l’epidemia non sia ancora sconfitta. In ogni caso la 93ª Adunata nazionale rimane nel calendario 2020, seppure spostata.

Dolore e rammarico dai tanti alpini del Veneto che già avevano prenotato treni e alberghi. Eppure ci sono esigenze inderogabili. «Siamo perfettamente consci dei rischi insiti nella concentrazione di centinaia di migliaia di alpini e dei loro accompagnatori in una sola località, in un periodo in cui l’emergenza sanitaria potrebbe essere tutt’altro che conclusa» dichiara Favero, sottolineando che la decisione è stata assunta in sinergia con le autorità territoriali dell’Emilia Romagna e della Repubblica di San Marino.

Nel frattempo gli alpini non rimangono con le mani in mano e si adoperano in ogni luogo in cui viene richiesta la loro presenza. L’impegno continua in tutte le aree del Paese in cui l’intervento degli alpini sia prezioso per l’opera di Protezione Civile, a cominciare dalle Regioni del Nord, come dimostra lo schieramento dell’Ospedale da campo dell’Ana nella provincia di Bergamo.

Anche nel Veneto le penne nere hanno lavorato sodo in queste ultime settimane e lo faranno nei prossimi giorni: hanno allestito tende attrezzate di fronte agli ospedali, aperto un Presidio medico avanzato di fronte al Ca’ Foncello di Treviso, pronto ad accogliere i malati suddividendoli per gravità (pre-triage) e hanno riconsegnato in tempi record ospedali dismessi da anni: il Guicciardini di Valdobbiadene nel trevigiano, il vecchio ospedale di Monselice nel padovano e nel veronese l'Orlandi di Bussolengo, il Chiarenzi di Zevio e l'ex civile di Isola della Scala.

Gli alpini iscritti all’Ana, alpini in congedo, vestono i panni della Protezione civile, operano nelle Squadre sanitarie, offrono supporto logistico e ciascuno contribuisce come può e come sa rispondendo senza esitazioni alle richieste che provengono dalle istituzioni. Ma non hanno perso la speranza di riunirsi come fanno da quasi cent’anni ogni anno in una città diversa della penisola. «Valuteremo l’evoluzione della situazione – precisa Favero – ma con un atto di fiducia abbiamo pensato alla metà di ottobre perché non vorremmo proprio saltare l’anno 2020».—



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