L’ex presidente è a processo
PADOVA. Due maggio 2011, il pm di Padova Paolo Luca firma il decreto e spedisce a processo l’allora presidente di Antonveneta Andrea Pisaneschi, 53 anni di Siena, con il responsabile della Direzione amministrativa e controllo di gestione Severino Marcon, 59, originario di Trebaseleghe con residenza a Vedelago nel Trevigiano. Prima udienza il 6 dicembre e rinvio senza nemmeno cominciare il dibattimento. C’è un passaggio di testimone nella difesa di Pisaneschi: il suo “vecchio” difensore, l’avvocato Paola Severino, lascia l’incarico che è assunto dal collega senese Enrico De Martino. Il motivo? Dal 16 novembre 2011 l’avvocato Severino è il nuovo ministro della Giustizia. Tra cambi di pm in aula (ben tre), eccezioni procedurali e testimoni assenti, da allora ha fatto ben poca strada quel processo, prima (piccola) grana per il gruppo Monte Paschi che, nel maggio 2008, acquisisce la banca padovana (ma l’affare era già definito nel novembre 2007). Adesso, forse, il processo padovano entrerà nel vivo il 28 maggio quando davanti al giudice Claudio Marassi torneranno Pisaneschi – avvocato e docente universitario di Diritto costituzionale nell’ateneo senese dopo aver insegnato alla facoltà veneziana di Economia, già consigliere di amministrazione in Mps – insieme a Marcon, con l’accusa di evasione fiscale per 357.455,60 euro, commessa violando il decreto legislativo n.74 del 10 marzo 2000, che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, e in particolare l’articolo 4 (dichiarazione infedele delle imposte). «Nella dichiarazione relativa all’anno 2007 (il modello unico 2008)» sarebbero stati indicati «elementi passivi fittizi per 8.410.720,10 euro sottraendo all’imposizione elementi attivi per un ammontare superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione ed evadendo l’Ires per 357.455,60 euro» si legge nel capo d’imputazione. Il 16 marzo 2007 Antonveneta stipula un contratto con National Australian Bank, comprando titoli obbligazionari Pct (pronti contro termine) per 500 milioni a un basso rendimento. L’obiettivo è giocare sul credito d’imposta e ottenere dal Fisco un rimborso del 20%, pari al doppio rispetto alla ritenuta effettuata in Gran Bretagna da Pea Investments Limited, società emittente dei Pct. L’evasione sarebbe il risultato della detrazione di spese non detraibili. La denuncia è dell’Agenzia delle Entrate che non si è costituita parte civile.
Cristina Genesin
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