Lo smart working manda in crisi le città: l'upper class si trasferisce in montagna
L’analisi
La nuova centralità della montagna che aveva teorizzato il sociologo Aldo Bonomi è diventata la bussola capace di orientare le scelte di vita delle classi più agiate. La mutazione in atto nella società contemporanea ed in particolare nelle aree notevolmente urbanizzate, a cui la pandemia del Covid ha impresso un’accelerazione drammatica, interessa anche il ceto alto. Non si tratta solo di un cambio di paradigma nel segno della sostenibilità ambientale, finalizzato al raggiungimento di una migliore qualità della vita complessiva, ma di un vero processo di trasferimento di capitale economico ed intellettuale dalle grandi città alle località di montagna più rinomate delle Alpi. Luoghi come Gstaad, Crans-Montana e St. Moritz in Svizzera, Courchevel, Megève e Saint-Gervais-les-Bains in Francia, o Courmayeur e Cortina d’Ampezzo nel nostro paese, stanno accogliendo nuovi abitanti che verranno a viverci e a lavorare per buona parte dell’anno: manager, imprenditori, professionisti che operano nei più diversi settori, da quello finanziario e dell’innovazione tecnologica a quello della moda o del design.
Un passaggio storicamente e socialmente significativo che sovverte l’idea della montagna come mondo statico e scarsamente produttivo. E che «può generare conseguenze potenzialmente dirompenti sullo stesso tessuto urbano», avverte il professor Giovanni Semi, docente di sociologia delle culture urbane presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, autore di saggi illuminanti come “Gentrification” e “Casa dolce casa? Italia, un paese di proprietari” (editi da Il Mulino). Una recente inchiesta del Financial Times ha inquadrato il fenomeno focalizzandosi su alcune località come Saint-Gervais-les-Bains, ai piedi del Monte Bianco, dove con il primo lockdown della scorsa primavera, e successivamente durante l’estate, un importante impulso all’economia locale è arrivato dai villeggianti francesi che hanno rimpiazzato i turisti internazionali, impossibilitati a circolare liberamente a causa della pandemia. Per la maggior parte si è trattato di residenti benestanti di Parigi e Lione che cercavano una via di fuga sia dal confinamento forzato in casa nelle città, sia da una prossima ondata di contagi. Lo smart working ha funzionato molto bene e questo fattore ha reso ancora più allettante la prospettiva di un trasferimento a lungo termine in località di montagna ben infrastrutturate ma generalmente poco abitate durante gran parte dell’anno, con servizi turistici avanzati, un’ottima connessione di rete, e soprattutto con un ambiente naturale che offre evidenti benefici per la salute grazie all’inquinamento ridotto, all’elevata qualità delle risorse idriche e a vasti spazi all’aperto fruibili in tutte le stagioni.
Questo avvicinamento dei ceti alti alle terre alte dimostra ancora più chiaramente «il nesso tra ecologia, economia e società» di cui parla Giovanni Semi, che nei prossimi due anni insieme ad altri sociologi indagherà il nuovo rapporto tra classi superiori e luoghi di montagna nell’ambito del progetto di ricerca “Short Term City”, nato originariamente per studiare i cambiamenti urbani indotti dalle piattaforme digitali locative di tipo turistico, come Airbnb. «Ci interessano i processi di gentrification ecologica e le scelte di investimento economico del ceto alto», spiega il sociologo torinese, «ci sono dati e riflessioni condivise che indicano un aumento dei valori immobiliari nelle aree di grande pregio sulle nostre Alpi. Il fenomeno è in verità sotto osservazione da tempo per ciò che attiene alla mobilità di capitali e di investimento, ma con l’insorgenza della crisi sanitaria globale si sono fatte strada due nuove variabili, quella ecologica e quella pandemica, che è additiva rispetto alla prima. Da un lato il riscaldamento globale rimane una minaccia seria, dall’altro si aggiunge la pericolosità, la virulenza e la frequenza dei salti di specie, che concorrono a determinare la condizione ecologica contemporanea».
Secondo Semi la divaricazione globale delle ricchezze, la variabile ecologica e pandemica sono «tre strati differenti che si stanno condensando e trovano delle agglomerazioni nelle aree a minor densità e a maggior pregio possibile immaginabile, come certe località di montagna esclusive» . Dove il nuovo acquirente e futuro abitante mette comunque in cassaforte l’investimento. «Quando si compra uno chalet a Gstaad o a Courmayeur da diversi milioni di euro (secondo i dati di Engel & Volkers, società leader nell’intermediazione di immobili di pregio, Gstaad domina sul mercato con 33.900 euro al metro quadrato, mentre per uno chalet di lusso a Courmayeur si può arrivare a spendere fino a 5, 5 milioni di euro, ndr) si sa che l’investimento rimane sempre fruttuoso. Ma al tempo stesso con quell’operazione si sta comprando anche scarsa densità, altitudine, e dal punto di vista ecologico aria pulita e quindi benessere e salute».
Quest’anno, dunque, le classi più abbienti devono aver realizzato pienamente, più di altri ceti sociali, l’intreccio tra le tre variabili individuando nella montagna una possibilità di cambiamento e di ulteriore miglioramento delle proprie condizioni di vita, agevolata sicuramente dal lavoro da remoto. L’incognita è quali saranno le conseguenze sui luoghi di montagna interessati e sulle città. «Diciamo che l’1 per cento non impatta molto sul profilo demografico ed economico delle città», chiarisce Semi, «nel senso che se da Torino o da Milano fuoriesce l’1 per cento ricchissimo e si trasferisce a vivere a Courmayeur, l’impatto su Courmayeur potrà essere importante mentre sulle città no. Parliamo di numeri piccoli, di poche decine o centinaia di persone, rispetto a città molto grandi. Tuttavia dal punto di vista simbolico può esserci un impatto gigantesco. Oltre all’eventualità che scompaiano alcune attività economiche e un po’ di base fiscale, con ripercussioni di qualche genere sui bilanci delle città, si assiste alla fine di un ciclo. Per una metropoli come Milano che si sta proprio interrogando sul futuro degli investimenti immobiliari e di tutte le attività economiche terziarie e cognitive, una “fuga” delle classi superiori potrebbe sortire effetti rilevanti. Se ci sarà infatti una redistribuzione di popolazione e di valori lungo le terre alte, questa sarà legata al reddito e alla ricchezza. È uno scenario per certi versi inquietante che investe il futuro delle grandi città» . —
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