Loison: «Emarginato perché contro Zonin»

Il re dei panettoni vicentino sfida l’ex dominus della banca: comandava su tutto. Lui ribatte: dovrebbe avere più dignità
Agenzia Candussi - MORSEGO - MESTRE VIA DELLE MESSI - MESTRE PROCESSO BANCA POPOLARE DI VICENZA PRESSO L'AULA BUNKER DI MESTRE.IN FOTO ZONIN.
Agenzia Candussi - MORSEGO - MESTRE VIA DELLE MESSI - MESTRE PROCESSO BANCA POPOLARE DI VICENZA PRESSO L'AULA BUNKER DI MESTRE.IN FOTO ZONIN.



«Chi si sarebbe messo contro Gianni Zonin?». Dario Loison è il signore dei panettoni vicentino, quello che i panettoni è arrivato a venderli anche ai milanesi, chiamato da Letizia Moratti per l’Expo 2015. Un imprenditore abituato al dolce che con la vicenda della Bpvi invece ha masticato amaro. Amarissimo. Ieri a Borgo Berga a Vicenza è tornato insieme ad altri sei testi sul banco dei testimoni per confermare le deposizioni rese in aula, a causa del cambio del collegio giudicante.

La testimonianza di Loison era stata l’unico fuori da un coro che suonava lo stesso ritornello. In sintesi, più o meno questo: «Il presidente Zonin non sapeva delle baciate e neppure il cda era informato». L’imprenditore invece è andato giù dritto, il presidente sapeva e comandava su tutto. Ieri mattina ha ricordato il suo voto contrario alla lista del cda presieduto dall’ex banchiere vignaiolo. E ancora di una telefonata fatta da Samuele Sorato, l’ex direttore generale, al fratello Tranquillo Loison. «Zonin è arrabbiato perché tuo fratello ha votato contro in assemblea e non verrà più invitato alle cene». Da quel voto nel 2014 sono stato fatto fuori da tutti «i giri che contavano». Eppure il voto dovrebbe essere segreto. In aula l’avvocato di Zonin Enrico Ambrosetti ribadisce dell’assoluto anonimato nell’espressione di voto. «Ne prendo atto - è la stoccata di Loison - ma era semplice abbinare il voto al votante. E io sono stato tenuto d’occhio. Perché non ho impugnato la scheda? Ma come si poteva mettersi contro Zonin. Ogni cosa era del tutto inutile». Loison ha in tutto circa 3,5 milioni di euro di baciate, in particolare una di un milione di euro è stata sottoscritta da sua moglie, a sua insaputa, dice l’imprenditore. E cita Fulvio Bosso, al tempo responsabile dell’agenzia in Contrà Porti, lo storico Palazzo Thiene. Bosso afferma di non aver fatto firmare niente a nessuno nella sua testimonianza dell’11 di luglio, ribatte l’avvocato. «Ha mentito sapendo di mentire, ed io ho fatto un esposto, una denuncia penale, sulla quale ho anche la testimonianza di Rizzi (ex responsabile private della banca)».

Fuori dall’aula, chiedono a Zonin (unico degli imputati presenti) era arrabiato con Loison: «Con chi?». Poi spiega: «Io a quelle cene sono andato due volte dopo immense insistenze, faccia un piacere presidente..., è una barzelletta, tra l'altro queste cene aumentavano il colesterolo perché erano a base di uccelletti. Quando si incontrano questi tipi di individui non c’è da stare allegri. Mi dispiace che sia un imprenditore dovrebbe anche avere forse più dignità».

Ieri ha fatto il suo ritorno anche l’ex ad Francesco Iorio. L’uomo che ha traghettato la banca verso al spa e la fallita quotazione in Borsa che apri le porte al fondo Atlante. Le sue parole hanno nuovamente rafforzato la tesi della difesa, cioè una divaricazione tra banca e cda: «i flussi informativi verso il consiglio di amministrazione erano ingannevoli». Iorio ha ricordato che, dopo il suo arrivo, cambiò 10 dei 13 top manager della banca e verso fine 2015 pure l’internal audit, ovvero Bozeglav, di cui non si fidava. Infine, Iorio ha spiegato come a causa delle baciate la banca si trovasse prossima al tracollo e che per cercare di evitarlo chiese un finanziamento di 250 milioni al quale venne applicato un tasso del 12 per cento. Su questo passaggio l’avvocato Roetta (difesa di Paolo Marin) ha chiosato: «Iorio non ha lasciato un bel ricordo a Vicenza». —



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