Manzo, un impero in affari con i cinesi

Nei capannoni padovani di via Cile sorge un centro all’ingrosso asiatico Spazi commerciali e appartamenti gli rendono 400 mila euro all’anno
Di Matteo Marian
BARSOTTI - ABITAZIONE MANZO
BARSOTTI - ABITAZIONE MANZO

PADOVA. Puntuale e abitudinario. Ogni giorno alle nove del mattino, al massimo con un quarto d’ora di ritardo, Francesco Manzo era solito salire una piccola rampa di quattro scalini e varcare la soglia del suo ufficio in via Cile 14, a Padova. Lasciato il suo attico al diciottesimo piano del grattacielo Belvedere si dirigeva lì, dove all’interno del centro all’ingrosso Idea si trova la sede della Ge.Ma. Srl, una delle principali società della galassia di 52 aziende attraverso le quali il 70enne di Nocera Inferiore gestiva un patrimonio immobiliare da 130 milioni di euro. Un vero e proprio tesoro, posto sotto sequestro dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia perché, è il sospetto, funzionale al riciclaggio di denaro legato a Camorra ed ex affiliati della Mala del Brenta.

Siamo in piena zona industriale padovana, e là dove una volta crescevano quelle piccole e medie aziende che hanno contribuito a fare del Nordest la locomotiva economica d’Italia adesso ci sono negozi cinesi. Gli affari di Manzo, infatti, sono legati a doppio filo con la robusta presenza in città di cinesi. Ge.Ma. detiene la proprietà dei capannoni di via Cile dove oggi trovano spazio una quindicina di negozi gestiti da commercianti della Repubblica Popolare. Si va, per lo più, dai casalinghi all’abbigliamento. In teoria dovrebbero vendere all’ingrosso, in pratica chissà. Resistono un paio di attività gestite da italiani, mosche bianche in mezzo a insegne dove campeggiano ideogrammi. Sono loro a dire che Manzo, dopo il sequestro, non l’hanno più visto. «Veniva qui ogni mattina. Poi venerdì scorso abbiamo visto i carabinieri che mettevano i sigilli alla porta del suo ufficio. E ora ci chiediamo che cosa accadrà ai nostri contratti di affitto».

Affitti che, nel corso del 2013, hanno fruttato a Ge.Ma. (che detiene, però, un’unità immobiliare anche a Limena) ricavi per 100mila euro (166mila euro nel 2012). Mettendo insieme anche la rendita derivante dalla locazione di metà degli appartamenti posseduti al Belvedere esce una bella somma. Si parla di circa 400mila euro all’anno che significano, solo per gli immobili padovani detenuti attraverso Ge.Ma., Da.Fa., Fin.Sa. e New Investments, qualcosa come 33mila euro al mese. Certo le spese non mancano, perché l’Imu sugli appartamenti del grattacielo padovano in piazzale Stazione nel 2013 ha pesato per 113mila euro sui conti delle tre società che li detengono.

La presenza in Veneto, e in particolare nel Padovano, da oltre trent’anni ha permesso a Manzo di strutturare «amicizie e rapporti interpersonali sia con soggetti contigui alla disciolta criminalità organizzata di matrice autoctona denominata “Mala del Brenta”» ma anche, dicono gli inquirenti, «con esponenti dell’imprenditoria locale». Una dote di conoscenze e rapporti che gli hanno consentito di venire «individuato anche in questa regione da svariati imprenditori quale soggetto potenzialmente e finanziariamente disponibile alla risoluzione di importanti transazioni commerciali, stante le evidenti potenzialità economiche ed immobiliari da quest’ultimo manifestate nel corso del tempo».

Anche con le banche, almeno fino al 2012, non ci sono mai stati problemi. Restando nella galassia padovana le società di Manzo risultano (al 2013) indebitate con gli istituti di credito per 34 milioni. Diciannove di questi sono relativi al mutuo contratto con Cariveneto per la realizzazione del centro servizi Onda Palace con l’iscrizione di un’ipoteca da 38 milioni. I fondi, a step successivi, sono arrivati fino al 2012 quando la banca ha dato lo stop. Con ogni probabilità perché la vendita degli spazi (mai decollata) era vincolante ai fini dell’erogazione della somma. E così, quando la solidità delle sue società non era un biglietto da visita sufficiente, Manzo cercava altre strade. Chiedendo, ad esempio, ad Arnaldo Benetazzo, ex Mala del Brenta, di reperire «idonee e surrettizie soluzioni idonee a sbloccare il finanziamento». Allo stesso Benetazzo è stato poi chiesto di attivarsi per trovare un compratore per il castello Bortoluzzi, a Ponte nelle Alpi, «facendosi portavoce nei confronti di imprenditori locali e di Felice Maniero».

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