Mattarella concede la grazia all’ex guardia giurata Zen
Era stato condannato alla pena di nove anni e sei mesi per aver ucciso con un colpo di pistola un giostraio che stava fuggendo in auto con due complici dopo un colpo. Il Presidente della Repubblica ha tenuto conto del parere del Magistrato di sorveglianza, dell'intervenuto risarcimento del danno e delle condizioni di salute

C’è anche il nome di Massimo Zen, 54 anni, tra i quattro detenuti che hanno ottenuto in questi giorni la grazia dal Quirinale. L’ex guardia giurata di Cittadella, in carcere a Verona da oltre due anni, era stata condannata a nove anni e sei mesi per omicidio volontario.
La vicenda risale al 22 aprile 2017, quando a Barcon di Vedelago (Treviso) l’allora guardia giurata esplose un colpo di pistola che raggiunse mortalmente Manuel Major, 36enne giostraio in fuga con due complici dopo aver colpito alcuni bancomat della zona. Per quell’episodio, che aveva acceso un ampio dibattito sul tema della legittima difesa, Zen era stato giudicato colpevole e privato della libertà.
Già nel 2024 aveva presentato una prima richiesta di grazia, respinta. La nuova istanza, invece, è stata accolta: un risultato arrivato anche grazie al sostegno di più realtà locali e nazionali che in questi mesi si sono attivate con raccolte firme e appelli pubblici per chiedere la sua scarcerazione.
Grazia per quattro
Il provvedimento di clemenza non ha riguardato solo Zen, ma anche altri tre detenuti: Gabriele Finotello, condannato per l’omicidio del padre commesso nel 2021, Patrizia Attinà, riconosciuta colpevole di furto ed estorsione, e Ancuta Strimbu, condannata per estorsione e reati legati agli stupefacenti.
Questi casi restano però sullo sfondo, mentre a Padova l’attenzione è inevitabilmente rivolta all’ex ranger di Cittadella, che ora intravede la possibilità di ricostruire la propria vita dopo una vicenda giudiziaria che ha segnato profondamente la comunità.
La condanna di Zen
Zen, classe 1971, era stato condannato per omicidio volontario, reato a cui si era aggiunto quello dell’aver captato illecitamente le comunicazioni delle forze dell’Ordine. Dopo aver sentito via radio che i carabinieri stavano inseguendo una banda responsabile di colpi ai bancomat, Zen posizionò la sua macchina per fermare l’auto in fuga e sparò tre colpi, uccidendo uno dei ladri.
Cosa era successo
La notte del 22 aprile 2017, Massimo Zen aveva 48 anni, ed era in servizio come guardia giurata della Rangers saputo dalla centrale operativa che era in corso l’inseguimento da parte delle forze dell'ordine a una banda responsabile di alcuni colpi ai bancomat aver posizionata la Fiat Grande Punto di servizio di traverso in via Pomini a Vedelago per impedire o rallentare il passaggio della macchia sulla quale stavano viaggiando a grande velocità Manuel Major e due complici, una Bmw 520.
Trovatosi a poca distanza dalla macchina esplose tre colpi di pistola in direzione dell’auto, uno dei quali colpì Major al capo uccidendolo.
Zen ha sempre dichiarato di averlo fatto per difendersi dagli spari esplosi dai banditi contro di lui. Ma la ricostruzione fatta della procura ha escluso la sua ricostruzione. La pistola giocattolo rinvenuta nelle vicinznze dell'auto e attruibuita da Zen ai banditi al termine degli accertamenti venne invece attribuita ai coleghi di Zen, che l'avrebbero posizionata nel tentativo di aiutare la sua posizione.
Perchè la grazia
«Nel concedere la grazia parziale che ha estinto tre anni e tre mesi della pena detentiva ancora da espiare - il Presidente della Repubblica ha tenuto conto del parere favorevole espresso dal Magistrato di sorveglianza, dell'intervenuto risarcimento del danno, nella somma concordata con i congiunti della vittima, e delle condizioni di salute del condannato». Per effetto del provvedimento del Capo dello Stato all'interessato rimarrà da espiare una pena non superiore a quattro anni di reclusione, limite che consente al Tribunale di sorveglianza l'eventuale applicazione dell'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale» sottolinea il Quirinale.
La moglie
«Oggi festeggiamo 11 anni di matrimonio ed è davvero il giorno più felice della mia vita. Dopo tanto tempo posso riabbracciare Massimo fuori da quelle maledette mura: è di nuovo mio, nostro, e finalmente possiamo tornare a sognare insieme».
La voce di Franca Berto trema, le lacrime tradiscono l’emozione di una moglie che da troppo tempo attendeva questo momento. La notizia della grazia le è arrivata attraverso l’avvocato: Massimo Zen, detenuto da oltre due anni, potrà tornare a casa, a Cittadella. Una liberazione che per Franca significa rinascita, il ritorno a una quotidianità sospesa, interrotta, ma mai dimenticata.
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