«Mazzacurati nei gangli vitali del Veneto»

Per i giudici ha raccontato la verità sulle nomine pilotate al Magistrato alle Acque. E su Piva: pagata per non controllare
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 14.09.2017.- Processo Mose. Sentenza. Piva, Turato
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 14.09.2017.- Processo Mose. Sentenza. Piva, Turato

VENEZIA. Giovanni Mazzacurati è stato il padre-padrone del Mose. Ma anche del gigantesco sistema corruttivo che ne ha accompagnato la realizzazione, basato sulle tangenti pagate dall’ente di cui era a capo, il Consorzio Venezia Nuova. Un meccanismo che le motivazioni della sentenza del 14 settembre sulle mazzette per le paratie mobili, depositate mercoledì dal tribunale lagunare, raccontano nel dettaglio.

Sistema ramificato. È provata, secondo il collegio presieduto dal giudice Stefano Manduzio, l’esistenza a partire quantomeno dal 2003 di «un sistema di corruzione diffuso, ramificato, addirittura strutturato in misura tale da escludere l’estemporaneità» e che ha interessato «gli organi apicali del Cvn, delle imprese assegnatarie dei lavori in concessione, nonché elevate personalità di governo (il ministro) e pubblici funzionari in servizio presso le autorità deputate al controllo». Un sistema parallelo a quello legale dell’economia e della politica, che prevedeva un’organizzazione e una procedura corruttiva «strutturate sul fabbisogno sistemico» con pagamenti regolari a politici e funzionari asserviti al Cvn.

Nessun rancore. A gestire il «sistema Mose» c’era, appunto, Mazzacurati che a seguito dell’inchiesta è diventato anche uno dei Grandi Accusatori. I giudici lo ritengono lucido e attendibile, le sue dichiarazioni riscontrate; la malattia (che ne determinerà l’incapacità processuale) si manifesta solo a metà 2014, dopo la morte del figlio Carlo e dopo la caduta del suo impero. Nelle rivelazioni fatte, sostengono i magistrati, l’ingegnere non è stato mosso né dalla volontà di compiacere i pm, né da motivi di rancore verso i vari chiamati in causa (Orsoni, Sartori, Piva, Matteoli) con cui aveva invece a lungo intrattenuto rapporti di sintonia. Mazzacurati dava dunque le direttive ai consorziati per alimentare il fondo occulto “Neri”«usato per consolidare i rapporti con il potere politico e amministrativo e ottenerne i favori necessari».

Mav e i gangli. Il Consorzio ottiene il controllo sul Magistrato alle Acque, l’ente che doveva monitorare l’opera pubblica. I giudici rilevano «il grande attivismo che caratterizzava Mazzacurati e i consorziati» quando c’era da nominarne il presidente. «Attivismo concretizzatosi prima nell’individuare il candidato più adatto allo scopo e poi nell’esercitare le dovute pressioni sull’organo politico istituzionale cui spettava il potere di nomina». Tant’è che i presidenti Mav, fino al 2011, sono stati «espressi su indicazione di Mazzacurati il quale vantava un forte potere di intervento sugli organi politici chiamati a individuare il controllore». È dimostrata, rilevano i giudici su Cvn «la capacità di insinuazione dei vertici nei gangli della Pubblica amministrazione al fine di garantirsi individuazione e nomina di soggetti ritenuti avvicinabili».

Piva. A libro paga di Mazzacurati ci sono, sostiene il tribunale, diversi presidenti Mav tra cui Maria Giovanna Piva, scagionata in parte dalla prescrizione. Con riferimento ai lavori di Porto Marghera, i giudici rilevano una condotta di Piva «tesa a piegare l’esercizio della propria discrezionalità nella direzione corrispondente agli interessi Cvn». I rapporti si rompono quando lei vuole «esercitare una effettiva influenza sull’iter approvativo degli atti Cvn»; a quel punto l’ingegnere la rimuove Per il collegio è «pienamente confermata a suo carico l’ipotesi accusatoria» riferita alla corruzione; reato «concretizzatosi nell’omettere, verso un periodico corrispettivo annuale, di effettuare sull’attività del Cvn la vigilanza connessa alla propria funzione istituzionale». Affidabili vengono considerate le ricostruzioni di Piergiorgio Baita che, tra le altre cose, ricorda di aver accompagnato Mazzacurati in motoscafo per portare soldi a Piva nel 2006.

Il ministro. Mazzacurati frequenta i piani alti della politica. I giudici richiamano le agende in cui annota l’incontro del primo agosto 2002 col ministro Altero Matteoli e l’imprenditore amico Erasmo Cinque (condannati entrambi a 4 anni). Nell’ottobre 2011 l’ingegnere racconta al suo braccio destro Federico Sutto di aver parlato con Gianni Letta a proposito nel neopresidente Mav: «M’ha detto che il nuovo è completamente soggiogato a Erasmo e che il ministro è completamente soggiogato». E poi: «Letta m’ha detto: Matteoli è nelle mani di Cinque».

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