Il prete veneto che accoglie i migranti venezuelani: «Fuggono con la voglia di ricominciare»
Don Marco Bezze, missionario fidei donum della Diocesi di Padova, opera in Brasile, a pochi minuti d’auto dal confine con il Venezuela ed è testimone diretto della grande fuga verso Sud: «Ogni giorno arrivano centinaia di venezuelani, il Paese si sta svuotando»

Complessa, difficile, disperata. Don Marco privilegia la cautela e sceglie l’aggettivo complessa per descrivere la situazione in Venezuela di questi ultimi anni. «Attraversano il confine circa 300 persone al giorno, per la maggior parte famiglie. Persone del ceto medio che hanno deciso di abbandonare il loro Paese perché lì non c’è più nulla. Famiglie che possedevano case, auto, magari anche moto. E arrivano qui per ricostruirsi un futuro perché in Venezuela non c’è più cibo, non esiste istruzione per i figli. Ci aspettiamo che gli arrivi crescano nuovamente come due anni fa, quando attraversavano il confine 700 persone al giorno».
Don Marco Bezze, padovano di Cervarese Santa Croce, è il fidei donum della Diocesi di Padova, ovvero il missionario che da quattro anni si trova a Pacaraima, nello stato di Roraima in Brasile a 5 minuti in auto dal confine con il Venezuela. Don Marco, insieme a don Giuseppe Danieli della Diocesi di Treviso (la missione è sostenuta anche dalla Diocesi di Vicenza) è impegnato su due fronti: da un lato l’accoglienza delle comunità indigene del Venezuela, dall’altro dei migranti che arrivano dal nord del Paese affrontando un viaggio anche di 13 ore di auto per attraversare la Gran Sabana, l’altopiano che segna il confine fra Venezuela e Brasile. Uno spostamento verso sud controllato a vista dagli svogliati militari di Maduro, che lasciano scorrere tutto.
Il viso di Alberto Trentini è riflesso negli occhi dei tanti volontari delle ong che collaborano con la missione di don Marco. Associazioni a cui il governo brasiliano ha affidato il compito di seguire i casi difficili o sbrigare le pratiche burocratiche di chi arriva.
I migranti venezuelani in 15 giorni ottengono la carta d’identità o lo status di rifugiato che dà diritto a muoversi in tutto il Sud America. «La vicenda di Trentini la conosco anche se non so i dettagli», frena don Marco. Ma la complessità del caso del cooperante del lido arrestato senza un perché passa anche attraverso l’immagine di un Paese che si sta svuotando inesorabilmente. Senza che nessuno possa fermare l’esodo. Senza che nessuno riesca a interloquire con un governo sempre più isolato.
«Pacaraima negli ultimi anni è passata da 9 mila a 24 mila abitanti» racconta don Marco. «Noi accogliamo tutti. Abbiamo tendoni con i letti a castello. Chi arriva può contare su tre pasti caldi al giorno e una prima assistenza medica. La situazione sembra peggiorare di mese in mese. Ma a darci speranza ci pensa la forza dei migranti. Vengono qui con la voglia di ricominciare. Molti si spostano a Boa Vista, la capitale della regione. Dove c’è lavoro, soprattutto nella lavorazione della carne. Altri vanno a sud, in altri Stati». Tutti, indistintamente con lo stesso sogno nel cuore: poter ritornare, un giorno, in un Venezuela diverso.
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