Mio figlio Marco, morto a Londra con Gloria: entrambi dimenticati troppo presto

Sono passati tre anni da quella notte in cui mio figlio Marco e la sua fidanzata Gloria Trevisan hanno perso la vita nell’incendio della Grenfell Tower di Londra. Era il 14 giugno 2017. Se c’è una cosa che ancora mi stupisce in negativo è il silenzio delle autorità. Nessun esponente del governo, fatta eccezione per le rappresentanze locali, si ricorda di citare questa tragedia: due ragazzi italiani persero la vita con altre 70 persone. Questo silenzio non ha riguardato solo il governo britannico ma anche, e fa più male, quello italiano. Non c’è stato un minimo segnale: le autorità, semplicemente, non ne hanno più parlato. Loro forse hanno dimenticato, per noi è impossibile farlo.
Sono giorni particolarmente duri dal punto di vista emotivo. L’antivigilia del terzo anniversario della morte di mio figlio è stata segnata dalla polemica mediatica sul risarcimento che avrebbero offerto a noi famigliari delle vittime per evitare il processo. Dopo essermi consultato con i nostri avvocati posso assicurare che questa offerta non è mai arrivata.
L’inchiesta, invece, va avanti. Prima del lockdown era già entrata nella sua seconda fase: accertati i fatti si stava cercando di individuare le cause e i possibili colpevoli. Sia chiaro, nulla potrà risarcire la perdita di due ragazzi, ma è importante stabilire la catena delle responsabilità. Non deve essere una giustizia fine a se stessa. Non mi interessa, come qualcuno dice in questi casi, “marcisca in galera”.
No, voglio che sia fatta giustizia perché un dramma come quello accaduto a mio figlio e alla sua fidanzata Gloria non succeda più. Perché voglio che questa dolorosa vicenda sia un monito per chi si occupa di progettazione, impiantistica e cantieri. La rabbia c’è: quella notte a Londra non ha funzionato nulla, anche nei soccorsi. E trovo significativo sia successo in una delle capitali finanziarie del mondo. Dovrebbe farci riflettere come per avidità e ricerca dei facili profitti siamo pronti a risparmiare su tutto, anche sulla sicurezza.
Da quella notte ho imparato delle cose. La prima è che il tempo non lenisce il dolore, anzi. Marco il prossimo 26 giugno avrebbe compiuto 31 anni. Era un ragazzo buono, pensava prima agli altri. Se ci penso anche tre anni fa, quando per l’ultima volta ho sentito la sua voce al telefono, ha fatto così: per non far soffrire Gloria ha cercato di mantenere la calma, non usava un tono drammatico, spaventato. Forse in cuor suo sperava che qualcuno li avrebbe salvati o che qualcosa sarebbe andato per il verso giusto. Poi la linea per l’ennesima volta è caduta. L’ho richiamato ma non rispondeva. Ho acceso la tv e ho visto la torre che era diventata una torcia di fuoco. Non c’era più nulla da fare.
Un mese dopo io e sua madre eravamo all'aeroporto di Venezia a recuperarne la salma. È stata dura, molto: perché ci eravamo illusi che il nostro Marco e la sua Gloria potessero essere da qualche altra parte nel mondo. Abbiamo deciso di continuare a ricordarli così, felici.
Ma c’è un’altra cosa che mi ha aiutato ad andare avanti, oltre all’affetto delle persone care e degli amici dei ragazzi. Io e mia moglie Daniela abbiamo dato vita a una fondazione, la Grenfellove, che prende il nome dalla torre bruciata ma lo modifica mettendoci la parola “love”, amore.
Crediamo che, nonostante tutto, l’amore sia più forte della morte. La fondazione si occupa di cultura, solo così possiamo sensibilizzare i ragazzi e le generazioni future. Doniamo strumenti didattici alle scuole materne, primarie e secondarie di primo grado (media) e abbiamo creato due borse di studio per premiare gli studenti più meritevoli nelle scuole superiori frequentate da Marco e Gloria: l’istituto tecnico per geometri Scarpa di San Donà e il liceo artistico Modigliani di Padova. Non solo: elargiamo tre borse di studio l’anno per gli studenti dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Così continuiamo a onorare la memoria di Marco e Gloria.
I nostri ragazzi che qualcuno ha dimenticato troppo presto. —
*Padre di Marco Gottardi
(testo raccolto da Davide Lessi)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova