Mps, nubi su personale e filiali ex Antonveneta

Siena confida in Atlante ma la partnership del fondo sarebbe condizionata a nuovi tagli e integrazioni
Di Luigi Dell’olio

MILANO. L’impegno preso da Atlante a condurre in porto entro l’estate una grande acquisizione di prestiti non performanti è seguito con interesse dal Montepaschi. A Siena sperano che l’impegno preso dal numero del fondo, Alessandro Penati, possa interessare proprio l’istituto guidato da Fabrizio Viola. Certo, la cifra non dovrebbe superare i 2 miliardi di euro su un totale di npl che per Rocca Salimbeni è arrivato a quota 47 miliardi, ma la funzione dell’operazione sarebbe di creare un benchmark per future operazioni nel mercato italiano. Visto da Siena, potrebbe essere questo il grimaldello per sbloccare un dossier da tempo sul tavolo, che agita il sonno dei sindacati.

Nel piano industriale, la banca ha indicato l’obiettivo di vendere 3,5 miliardi di sofferenze entro il 2018 (di cui un miliardo quest’anno), ma in parallelo lavora per cercare un partner in grado di gestire l’attuale piattaforma di crediti deteriorati e affidargli la gestione diretta di npl per 28 miliardi di euro. A Mediobanca è stato affidato il compito di raccogliere le offerte non vincolanti per l’estate, in modo da arrivare alla firma entro la fine dell’anno. Gli operatori specializzati nella gestione di questi asset non mancano e, negli ultimi mesi, big come Kkr, Blackstone, Apollo, Cerberus hanno rafforzato i loro presidi sul mercato italiano. L’operazione annunciata da Atlante dovrebbe consentire di alzare i prezzi rispetto ai livelli fin qui proposti (come la valorizzazione al 17% avanzata da Apollo a Carige, con l’istituto genovese che ha rifiutato), favorendo così l’incontro tra domanda e offerta.

Ma cosa ne sarebbe dei dipendenti? È indubbio che l’acquirente agirebbe con la mannaia sulle voci di costo, per cui le condizioni contrattuali potrebbero essere difficilmente allineate a quelle offerte dal ccnl bancario, integrato sul finire dello scorso anno da un accordo aziendale che conserva una quota di variabile legata ai risultati, misure a sostegno del welfare aziendale e allo sviluppo professionale. La prospettiva sta creando preoccupazione tra i dipendenti, compresa la corposa platea di impiegati nel Nordest, eredità dell’acquisizione di Antonveneta da parte del gruppo senese. Nei giorni scorsi i sindacati hanno incontrato la direzione risorse umane di Mps, ricevendo rassicurazioni al riguardo. «Abbiamo ribadito l’indisponibilità al processo di esternalizzazione della piattaforma e dalla banca hanno garantito che al momento non esiste un progetto concreto di cessione», fa sapere Antonio Damiani, il segretario generale di Fisac-Cgil a Mps, che assicura: «Se le cose dovessero cambiare, con una cessione del rapporto di lavoro dei dipendenti interessati (700 circa, ndr) siamo pronti a fare le barricate».

Ma qual è il reale potere di interdizione? «Al di là delle frasi di rito, il potere dei sindacati in questa fase è molto limitato», commenta un analista che segue le vicende societarie. «Se il Montepaschi non trova una soluzione per abbattere nettamente le sofferenze in bilancio, non può sperare di condurre in porto il piano di risanamento». Dunque, la strada si fa stretta. «Solo dopo che l’orizzonte si sarà schiarito su questo fronte, si potrà sperare nell’arrivo di un cavaliere bianco disposto ad acquisire l’istituto». Una ciambella di salvataggio che non sembra avere alternative, ma che sarebbe lanciata a fronte di un ulteriore piano di integrazioni e tagli.

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