Muore in California Mazzacurati l’uomo a capo del sistema Mose

Padovano d’adozione, per 30 anni guidò il Consorzio Venezia Nuova: nel 2013 le sue rivelazioni provocarono lo scandalo
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 18.07.2013.- Interrogatorio Mazzacurati. Giovanni Mazzacurati.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 18.07.2013.- Interrogatorio Mazzacurati. Giovanni Mazzacurati.

VENEZIA. Fino all’estate del 2013 era stato uno degli uomini più potenti d’Italia. Poi l’arresto, le deposizioni, lo scandalo Mose. Il grande dolore per la morte del figlio Carlo, affermato regista, nato a Padova nel 1956 e morto nel 2014. Trent’anni di dominio finiti nella polvere. Giovanni Mazzacurati, inventore del Consorzio Venezia Nuova e del Mose, padovano d’adozione, è morto l’altra notte a 87 anni nella sua villa di La Jolla, vicino a San Diego, in California. Era malato da tempo. Secondo la difesa «incapace di intendere e di volere». Dunque impossibilitato a rientrare in Italia per deporre ai processi. È la fine di una storia. Di un uomo che ha segnato nel bene e nel male la storia recente di Venezia e del Veneto.

Era nato a Pisa nel 1932. Dopo la laurea in ingegneria lavora nell’impresa del padre, Carlo Mazzacurati, specializzata in dragaggi. Ironia della sorte, saranno proprio le false fatturazioni e la «turbativa d’asta» sui dragaggi in laguna a segnarne anche la fine della carriera, con il clamoroso arresto del luglio 2013.

Mazzacurati subentra al padre nell’azienda dichiarata fallita. Poi viene assunto nell’impresa di costruzioni Furlanis. Opere idrauliche e dighe in mezzo mondo: Orgoglio dell’ingegneria italiana. Dopo l’alluvione del 4 novembre 1966 si comincia a studiare la difesa di Venezia dalle acque alte eccezionali. Nei primi anni Ottanta la scelta del progetto delle dighe mobili. La nascita del Consorzio Venezia Nuova, di cui sarà all’inizio direttore - presidente e direttore a partire dal 2005 - soggetto monopolistico che gestirà in autonomia, senza gare d’appalto, la salvaguardia di Venezia e della sua laguna. Mazzacurati ha contatti importanti. Ottiene finanziamenti e lavori. Dialoga con i governi di ogni colore. Si dice che sia influente a un certo punto anche sulla scelta dei ministri. Nel nome di Venezia i soldi arrivano in grande quantità. Per gli studi e le sperimentazioni del Mose.

La prima pietra della grande opera viene lanciata in laguna nel maggio del 2003. Cerimonieri il premier Berlusconi e il ministro Lunardi, il sindaco Costa, il patriarca Scola, il governatore Galan. Tutto sembra andare liscio per l’ingegnere che vede il Mose come una sua creatura. Dal suo ufficio di campo Santo Setfano passano in tanti. Politici, docenti, ingegneri. Il Consorzio dispensa decine di milioni di euro in consulenze, non tutte legali. Sempre guidate dall’onnipresente ingegnere. Il suo obiettivo è quello di realizzare al più presto il Mose, la prima opera al mondo costruita sott’acqua, difesa dalle maree eccezionali.

«Me ne vado per motivi di salute, il cardiologi mi ha consigliato un po’ di riposo», diceva in una delle sue ultime interviste alla Nuova nel maggio del 2013, «il Mose non avrà problemi, è quasi concluso». Un mese dopo, la prima bufera giudiziaria. Al suo posto era già stato nominato Mauro Fabris, suo allievo fin dai tempi del disinquinamento degli anni Novanta. Poi la seconda ondata, con gli arresti di politici e manager. E la sostituzione di Fabris con gli amministratori straordinari nominati dall’Anticorruzione.

Mazzacurati era persona colta e dotata di grandi doti diplomatiche. Capace di convincere anche i più scettici della bontà del suo grande progetto. «Qualcuno era convinto anche con sistemi poco legali», ricordano i critici, «gli oppositori spesso denunciati e portati in Tribunale». Dietro l’apparenza mite dell’ingegnere, uomo di chiesa che non mancava mai alla messa della domenica, si celava un carattere ferreo. Una grande lucidità e la volontà di capire sempre dove stava il sassolino che bloccava l’ingranaggio. “Comandava” nel vero senso della parola. Tutto passava per le sue decisioni. Anche i pronunciamenti dei Cda delle imprese e a volte gli indirizzi governativi.

Una figura stimata in Italia e all’estero. Poi trascinata nello scandalo con le accuse di spese e finanziamenti che poco avevano a che vedere con la salvaguardia e il Mose. Case e viaggi per la famiglia, i figli, la moglie Rosangela, tenute agricole in Toscana, partite di olio pagate con i fondi del Consorzio e distribuite agli amici a Natale. Una lunga lista di “abusi” su cui hanno indagato Procure, Finanza, Corte dei Conti.

Mazzacurati aveva ottimi rapporti con la politica. Tutta. Finanziava aziende comunali e statali, Patriarcato e società sportive, politici e polisportive. Il giorno del suo arresto un mondo fino ad allora inesplorato era di colpo crollato. E con esso le certezze sulla salvaguardia di Venezia e le virtù del Mose. «È al termine, non c’è più bisogno di me», aveva detto nel 2013. Oggi, sei anni dopo, l’opera non è ancora conclusa. —


 

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