«Nel curriculum di Conte c’è una bufala»

Padova, iI legale De Benetti: macché ricerca scientifica a Cambridge, ci passò un week end con la fidanzata

PADOVA. Questione di lana caprina o millantato credito curriculare? Già inviso ai poteri forti di Roma e Bruxelles, il premier incaricato Giuseppe Conte ora incappa nel “fuoco amico” di un collega quarantenne, l’avvocato padovano Massimiliano De Benetti. Che smentisce senza esitazioni il “garante” dell’asse 5 Stelle-Lega, sedicente autore di una frequentazione scientifica, datata settembre 2001, al Girton College, università di Cambridge: «L’affermazione del professor Conte non corrisponde a verità, lo so perché c’ero. Al Girton non si svolge ricerca scientifica e in quel periodo l’unico corso era tenuto da un provider esterno, il Cambridge Law Studio, in Legal English. Che io ho frequentato».

Avvocato, come può escludere con assoluta sicurezza la frequentazione di Conte?

«Perché ho ben presente il contesto, nella quindicina di allievi che frequentavano il corso, noi italiani eravamo tre, inclusa la sua fidanzata dell’epoca, una ragazza bionda molto brillante. Di Giuseppe Conte ho sentito parlare per la prima volta da lei, tra studenti ci vedevamo praticamente tutte le sere, dopo aver sgobbato per ottenere il Toles (la certificazione di conoscenza della lingua inglese di livello superiore riservato ai giuristi ndr) ci ritrovavamo al pub e in un’occasione ho incrociato il professore, si è unito al nostro gruppo per bere qualcosa in centro, insieme alla fidanzata. Era venuto a trovarla in un week end lungo, mi pare in occasione di un anniversario. Ricordo, pensi un po’, che lei stessa mi raccontò che avevano cenato in un ristorante di pesce spendendo in sterline l’equivalente di 500 mila lire; il cibo era un argomento quotidiano di noi studenti squattrinati perché si mangiava male e costava molto dato il cambio di valuta molto sfavorevole».

Che impressione ricavò da quell’incontro?

«Mi colpì perché era visibilmente un tipo in gamba, a 37 anni già docente di diritto privato all’università di Firenze, la sua ragazza me ne aveva parlato molto bene e con lei avevamo addirittura discusso di un loro lavoro congiunto, all’epoca in fieri, per un commentario del codice civile, diretto da Alpa se non ricordo male. Io? Un figlio di operai che, lo rivendico con orgoglio, hanno fatto i salti mortali per consentirmi gli studi accademici e il perfezionamento all’estero, già appassionato di diritto civile e con grandi sogni, tra cui quello di lavorare come ricercatore. Oggi posso dire sono riuscito in gran parte a realizzarli».

L’associazione nazionale degli avvocati civilisti, per voce del presidente Aurelio Gentili, fa quadrato intorno all’aspirante presidente del Consiglio, precisando che «le esperienze scientifiche all’estero qualificanti del curriculum dei docenti di materie giuridiche comprendono una varia gamma di modalità, tra le quali rientrano a pieno titolo i soggiorni di aggiornamento e approfondimento presso istituzioni accademiche e culturali straniere».

«Non sono minimamente interessato ad alimentare polemiche, più semplicemente, in base alla conoscenza diretta dei fatti, confermo che, nell’occasione citata, quella di Giuseppe Conte fu una visita strettamente privata. Sostenere che si trattò di un soggiorno di studio a Cambridge equivale a divulgare una bufala».

Cosa l’ha spinta a puntualizzare questa circostanza?

«Ho avvertito il dovere civico di testimoniare i fatti, tutto qui».

Non teme una reazione ritorsiva alle sue affermazioni?

«Ritengo che chi dice la verità non abbia nulla da temere. E non credo che chi è richiesto di guidare il governo del mio Paese si presti a ritorsioni di sorta. ».

Da cittadino-elettore, nutre un’ostilità pregiudiziale nei confronti di un Governo composto da leghisti e M5S?

«Assolutamente no. Io sono e sarò sempre un democratico e ho fatto del rispetto delle idee manifestate liberamente un principio di vita e della mia professione».

Il suo studio in via del Santo, abbinato a quello romano, vanta una solida reputazione e un ampio portafoglio di clienti italiani e internazionali, e la sua formazione culturale appare influenzata dalla scuola britannica. Come avrebbero recepito, laggiù, un caso del genere?

«Non l’avrebbero presa bene. Non è un bel biglietto da visita ed è anche irrispettoso per quelli che, come me e molti altri, i corsi e la ricerca li hanno fatti con sacrifici e dedizione».



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