Nell’ambra delle Tofane acari di 230 milioni di anni

PADOVA. L'ambra delle Tofane racconta una storia lunga 230 milioni di anni. Una scoperta eccezionale, targata Università di Padova e Cnr, è destinata a gettar luce sulla vita ai tempi del Triassico: racchiusi in “briciole” di resina fossile, un team di ricercatori ha scovato due microscopici acari preistorici ed un moscerino perfettamente conservati. Gli invertebrati più antichi del mondo giacevano nelle montagne che sovrastano Cortina d'Ampezzo, in provincia di Belluno: fino a “ieri” infatti le testimonianze più remote di vita racchiusa in inclusioni d'ambra si fermavano a 130 milioni di anni or sono: «La nuova scoperta sposta le lancette dell'orologio indietro nel tempo di ben cento milioni di anni rispetto a ogni precedente ritrovamento di organismi inglobati in ambra», sottolinea Eugenio Ragazzi, ricercatore dell'ateneo padovano. Grazie poi all’eccellente stato di conservazione, due dei tre artropodi hanno pure un nome: sono state infatti coniate nuove specie, l'Ampezzoa triassica ed il Triasacarus fedelei, in onore del cortinese Paolo Fedele, che nel 1997 per primo aveva segnalato il giacimento che ha permesso tutte le successive ricerche.
Lo studio internazionale realizzato dall’istituto di Geoscienze e Georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Igg-Cnr) e dall’Università di Padova (in collaborazione con l’Università di Göttingen e con il Museo di Storia Naturale di New York) è stato a dir poco certosino: per individuare i tre invertebrati sono state analizzate oltre cinquantamila goccioline d'ambra. Ogni goccia è stata tagliata in lamelle sottilissime, che sono state levigate e quindi passate ad una ad una al microscopio. Mesi di impegno hanno dato il frutto sperato: le immagini degli insetti rinvenuti sono talmente nitide che i ricercatori hanno potuto distinguere in quei corpicini intrappolati nell'ambra due paia di zampette, la struttura segmentata e degli artigli piumati: «È sorprendente come la morfologia di tali acari triassici sia simile a quella delle specie odierne appartenenti alla famiglia Eriophyoidea», ha affermato Guido Roghi dell’Igg-Cnr, «le caratteristiche comuni, un corpo lungo e segmentato, due paia di zampe invece delle quattro solitamente presenti negli acari, un peculiare apparato boccale e artigli piumati, dimostrano che questi artropodi avevano tratti distintivi e specializzati già nel Triassico, decine di milioni di anni prima della comparsa delle piante da fiore di cui si nutrono oggi, quando necessariamente si nutrivano di conifere». Organismi di dimensioni minuscole, che però hanno dimostrato di essere in grado di modificare le proprie abitudini per sopravvivere ai cambiamenti climatici che hanno segnato l'evoluzione del pianeta. Quando apparvero le prime piante con fiore, infatti, questi artropodi hanno cambiato le proprie “prefererenze alimentari”: «Grazie al loro adattamento ambientale hanno superato le grandi estinzioni al termine del Cretacico, 65 milioni di anni fa», concludono i ricercatori. «Se nel Permiano, 252 milioni di anni fa, si erano estinte il 96% di tutte le specie marine e il 70% di quelle dei vertebrati terrestri, questo studio chiarisce che nel Triassico, 230 milioni di anni fa, esistevano organismi animali persistenti anche a cambiamenti enormi». (f.p.)
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