«No a tutte le guerre» Il Grappa diventa santuario della pace

Il patriarca Moraglia prega per la tregua in Terra Santa Il sottosegretario Rossi: «Messagio di dialogo per l’Europa»
Di Francesco Dal Mas
CIMA GRAPPA COMMEMORAZIONE GRANDE GUERRA fotocronaca - commemorazione a cima grappa
CIMA GRAPPA COMMEMORAZIONE GRANDE GUERRA fotocronaca - commemorazione a cima grappa

Cinquemila, forse pochi di meno, sul monte Grappa, bombardato all’alba dalla tempesta. In 5 mila sono saliti fin quassù, da tutto il Veneto, a 1.775 metri di quota – e qualcuno perfino piegato sulle stampelle, per ri-dire oggi un rotondo no alle nuove guerre. A 100 anni da quell’«inutile strage», come la definì Benedetto XV. No, dunque, alle violenze in Ucraina, in Iraq, in Siria, in Libia, nel resto dell’Africa, hanno ammonito all’unisono il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi, il patriarca Francesco Moraglia, l’assessore regionale Elena Donazzan, Giovanni Bertoni, di Paderno, a nome di tutti i sindaci.

Sì, invece, alla pace in Terra Santa, con l’auspicio – ha implorato Moraglia, rivolto alla Madonnina del Grappa, affettuosamente invocata – che «i due popoli che la abitano possano tornare a dialogare con parole di pace e di giustizia per ottenere finalmente quella pace così necessaria a loro e al mondo intero, e voluta da Dio».

Si è ripetuto ieri, a cima Grappa, nell’incertezza meteo, il tradizionale ed affollato pellegrinaggio da ogni angolo del Veneto al sacrario delle 22.910 vittime, italiane ed austroungariche, la maggior parte non identificate, della guerra combattuta fra queste trincee, ancora affollate di militanti della pietà popolare. Vittime, si badi, del primo conflitto mondiale, ma anche della lotta di liberazione, sul vicino monte Tomba. E ancora una volta sono arrivate delegazioni dall’Austria (con tanto di fanfara e gonfaloni, nonché divise d’epoca), Slovenia, Cekia, Ungheria. Generale la commozione quando la tromba ha suonato “Il silenzio d’ordinanza”, il coro Ana “Edelweiss” ha cantato “Il Signore delle cime”, e l’Inno del Piave e il “Monte Grappa” si sono alternati con l“Inno alla gioia”, oltre che con quelli nazionali, italiano ed austriaco. Ma la commozione è trasbordata perfino in lacrime al ricordo delle vittime della tragedia di Refrontolo (Rossi ha portato il cordoglio del Governo).

Una tragedia che ha tenuto lontano da cima Grappa il presidente della Regione, Luca Zaia, a cui era stata affidata la commemorazione ufficiale per l’avvio delle celebrazioni del Centenario. Fra i 5 mila che hanno affollato il sacrario, catturati a tratti da una densa nebbia, tantissimi alpini, col presidente nazionale Sebastiano Favero, fanti, artiglieri, perfino marinai. E proprio Favero ha annunciato che l’Ana predisporrà entro agosto un piano per il servizio civile di ben 6 mila giovani, nell’ambito di quella che si presenta «come la prima, vera riforma del governo Renzi». Il Grappa come «santuario della liberazione», lo ha definito il sindaco Bertoni di Paderno. Liberazione da ogni guerra, tanto più oggi.

Un simbolo di pace, dunque. E come tale lo ha rilanciato anche l’assessore Donazzan, che ha pure parlato di questa cima e del suo ossario, dove sono conservati i resti di soldati che all’epoca si combatterono senza esclusione di colpi, come l’«altare della patria», non secondo a quello di Roma. Un altare, religioso e laico insieme, che 100 anni rappresentava la linea di difesa dal nemico e che oggi, invece, è la trincea di salvaguardia dei valori, perché - secondo la Donazzan - «siamo sull’orlo di una Caporetto ma possiamo avere la forza di resistere se ci riscopriamo come popolo».

Storia e memoria che s’intrecciano. Lo ha evidenziato anche il sottosegretario Rossi osservando che «dalla cima del Grappa parte un segnale di rinascita» per tutto il Paese. Un segnale in chiave europea se Paesi un tempo avversari, anzi nemici, oggi si ritrovano quassù in spirito di unità, di condivisione, di cooperazione. Per l’esponente di Governo non ci sono dubbi: ad essere sacro non è solo il fiume Piave, ma anche questo monte, «simbolo di pace e di libertà» ripete Rossi. E’ da questa vetta che, come ha ricordato il patriarca Moraglia nella celebrazione della messa, il 3 e 4 agosto 1901 l’allora patriarca Giuseppe Sarto, di Riese, salì a pregare, sul dorso di una mula bianca, contro le prospettive di un’immane guerra. Una preghiera, oggi, da rinnovare ed intensificare. «Affidiamo all’infinita misericordia di Dio i caduti di ogni guerra e, in particolare, di quanti riposano fra queste montagne». ha invocato, concludendo la sua omelia. E dando appuntamento ad un altro pellegrinaggio, il 13 settembre, a Redipuglia, con Papa Francesco. Tre ore di preghiera, in quella circostanza, davanti ai resti di 100 mila morti, la maggior parte veneti (ed ancora ignoti). «Una preghiera per tutti i caduti», vincitori e vinti, di tutte le guerre.

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