Omicidio di Castelfranco, il papà della vittima: «Vorrei incontrare chi ha ucciso mio figlio. Ma non posso perdonare»

Papà Vasile Cristea chiede l’incontro con gli assassini del figlio Lorenzo: «Perché sappiano il dolore che hanno causato». Lo zio Vjorel: «La colpa è dei genitori che non gli hanno insegnato che i coltelli non si usano»

Edoardo Fioretto
Lorenzo Cristea
Lorenzo Cristea

«Vorrei parlare con loro, fagli capire tutto il dolore che hanno provocato. Ma di perdonarli per quello che hanno fatto, non credo che sarò mai capace». Le prime lacrime per la perdita del figlio, del loro Lorenzo, hanno lasciato spazio a un dolore più profondo. La voce tremante dal pianto è ora rauca ma determinata. A parlare è ancora Vasile Cristea, papà del ventenne ucciso a coltellate nel parcheggio del Playa Beach Club domenica scorsa. Lo fa con un rinnovato desiderio di giustizia, dal salotto di casa.

Il diciannovenne accusato dell’omicidio di Lorenzo è uno studente di un istituto tecnico
Badr Rouaji e Taha Bennani

«Come si può sentire un padre che perde il figlio? Loro forse non lo capiranno mai», afferma in riferimento ai due ragazzi indiziati dell’omicidio di Lorenzo. «Io però non glie ne faccio una colpa. Non solo a loro almeno», aggiunge sospirando, mentre il fratello Vjorel cerca di calmarlo. «Quello che voglio dire è che la responsabilità non è solo dei ragazzi», prosegue, «possono avere fatto una scelta sbagliata, ma qualcuno li deve avere educati così. Se loro giravano con un coltello è perché nessuno gli deve aver detto che non si deve fare. Per questo dico che secondo me la colpa non è solo dei ragazzi, ma dei genitori». Le parole si interrompono in un pianto singhiozzato.

Papà Vasile Cristea
Papà Vasile Cristea

Prosegue allora il fratello Vjorel in quello che sembra un pensiero condiviso già altre volte, nell’intimità domestica di questi ultimi tre giorni di semi-clausura. «Quello che vuole dire mio fratello, è che i genitori hanno il dovere di insegnare ai figli che non si può uscire di casa con un coltello», osserva, «perché è un’arma per uccidere. Se esci di casa senza, al massimo può scappare una scazzottata, che è sempre una cosa sbagliata. Ma se porti in giro un coltello, lo fai per uccidere. Perché a questo servono le lame, come quella che ha ucciso Lorenzo. I genitori devono controllare i figli, controllare gli zaini e i cassetti delle auto, che non nascondano coltelli. Questa la lezione da imparare».

Un video ripreso con lo smartphone ha immortalato l’omicidio di Castelfranco
Carabinieri sul luogo della rissa avvenuta a Castelfranco, all'esterno della Baita al Lago e costata la vita al 20enne di Trebaseleghe, Lorenzo Cristea

Fuori dall’abitazione continua a piovere, i tuoni rimbombano in lontananza nella campagna padovana. Nel cortile arriva un’auto grigia: a bordo mamma Joana e il fratello di Lorenzo, Roberto. Joana, che fin’ora è sempre rimasta inconsolabile, entra in casa in silenzio. Il viso consumato da ininterrotti pianti, e come un fantasma si dirige verso la camera da letto.

«Ho parlato con tutti gli amici di Lorenzo che erano con lui la sera dell’accoltellamento, l’ultimo verrà a trovarmi stasera (ieri, Ndr) non appena sarà dimesso dall’ospedale», spiega Vasile, «ma vorrei parlare anche con i due ragazzi che me lo hanno ucciso. Vorrei parlargli e fargli vedere tutto il dolore che hanno provocato con le loro azioni. Ma di perdono, non credo che sarò mai capace. Non adesso, è troppo presto pensarci. Ora voglio solo giustizia», afferma ancora.

Interviene allora anche il cognato, fratello di Joana, Adriano Tasca: «Adesso siamo preoccupati», riflette, «perché sappiamo come funziona la legge italiana. Anche se li giudicheranno colpevoli, si faranno sempre troppi pochi anni di galera. Abbiamo paura che dopo cinque anni saranno di nuovo fuori, a uccidere il figlio di qualcun altro».

E papà Vasile conclude: «Noi comunque adesso cercheremo un avvocato e faremo il possibile perché la giustizia venga fatta con la legge. Vogliamo che paghino, ma non una vendetta».

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