Uccise i genitori, per l’ex vigilessa pena ridotta a 23 anni e 6 mesi
La sentenza per Diletta Miatello arrivata in concordato: il 27 dicembre 2022 aveva aggredito la madre e il padre a San Martino di Lupari, quindi era fuggita. Nonostante un disturbo mentale diagnosticato, non è mai stato confermato il vizio di mente

Il caso è arrivato alla Corte di Assise d’Appello con la richiesta della difesa di un azzeramento della pena per una «diagnosticata malattia mentale» dell’imputata. Alla fine lunedì 16 giugno si è arrivati a un concordato: è scesa a 23 anni e 6 mesi di carcere la condanna in secondo grado per Diletta Miatello.
Si tratta della 53enne, ex vigile urbano di San Martino di Lupari, attualmente detenuta nel carcere di Trento per l’omicidio dei genitori: la madre Maria Angela Sarto, 84 anni, è morta la notte dell’aggressione, il 27 dicembre 2022, mentre il padre Giorgio Miatello, 89, morirà due mesi più tardi, dopo un lungo ricovero.
In primo grado Miatello era stata condannata a 28 anni di carcere: l’accusa, quella di duplice omicidio volontario, era stata appesantita dall’aggravante dell’aver commesso il fatto contro i genitori in uno stato di minorata difesa. La procura padovana, che pure aveva sollecitato la pena massima dell’ergastolo, non aveva impugnato la sentenza.
Il concordato
L’accordo tra la pubblica accusa e il legale difensore di Miatello (la penalista Elisabetta Costa) è stato depositato due settimane fa. Nonostante un ritardo nella consegna (è previsto che sia presentato in Tribunale prima di 15 giorni alla data dell’udienza) la Corte lo ha ritenuto ammissibile.
Questo perché a rallentare le tempistiche sarebbe stato il fatto che Miatello è detenuta nel carcere femminile di Trento, oltre che perché è attualmente in cura per patologie diagnosticate. Anche per questi due motivi la 53enne di San Martino di Lupari ha rinunciato a comparire in aula. E così la Corte ha approvato il concordato (che avrebbe comunque potuto rigettare qualora non avesse ritenuto equilibrato), confermando lo scarto dalla pena di 4 anni e mezzo.
Sono rimasti inalterati i risarcimenti stabiliti in primo grado ai familiari, che oltretutto non sono stati soggetti di ricorso.
L’accordo raggiunto tra Procura generale e difesa, e vagliato dalla magistratura giudicante, segna così un possibile capitolo finale della vicenda giudiziaria. Benché ci siano ancora 60 giorni per un eventuale ricorso, l’avvocato di parte civile (il legale Pietro Someda, assistito dalla collega Gaia Della Valle) non ravvisano i presupposti per portare la vicenda in Cassazione.
Omicidio nella notte
Il delitto era avvenuto nella notte tra il 26 e il 27 dicembre nell’abitazione della coppia a San Martino in via Galileo Galilei 17, poi al mattino, dopo aver invitato la domestica a «non disturbare» i genitori che stavano riposando a causa di una notte insonne, Diletta Miatello si era allontanata da casa.
La madre era stata trovata più tardi, quella stessa giornata, massacrata con 24 colpi provocati da oggetti contundenti mai trovati; il padre era stato invece ridotto in fin di vita in seguito a una serie di colpi inferti con un bastone e con vasi di terracotta. Dopo essersi allontanata da casa, Miatello si era rifugiata in un albergo nel Vicentino, a San Zenone degli Ezzelini. E lì, nel pomeriggio, era stata fermata e trasferita in carcere.
Ancora un comportamento letto dai giudici in termini di colpevolezza come un tentativo di darsi alla fuga per assicurarsi l’impunità, dopo aver raccolto sufficienti risorse economiche tramite la vendita di monili reperiti nella casa dei genitori.
L’avvocata Costa ha insistito che per l’imputata trascorrere interi giorni fuori casa (abitava in una dépendance della casa familiare) era un’abitudine più che consolidata.
L’ipotesi del vizio di mente
Il perito nominato dalla Corte durante il giudizio in primo grado, lo psichiatra Alessandro Saullo, aveva diagnosticato all’imputata un disturbo di personalità di tipo paranoide escludendo, però, che questo potesse aver inciso sulla sua capacità di intendere e di volere.
Il motivo? La rapida ripresa da quello scompenso. Da anni Miatello era seguita dal Centro di salute mentale cittadellese. E assumeva, seppure in modo non regolare, ansiolitici e antidepressivi. Insomma il quadro clinico che dava per assodata la presenza di una malattia mentale. Ma che è stata ritenuta incompatibile con un possibile vizio di mente che avrebbe potuto costituire una circostanza attenuante, se non di assoluzione.
Su quest’ultimo punto confidava la difesa, che dopo aver portato il caso in appello sperava in un azzeramento della pena. Dopo le trattative con la Procura generale, è infine arrivato l’accordo.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova