Pagato per i parti in ospedaleanche quando era a un congresso in Cina

Il professor Antonio Ambrosini incastrato da un esposto anonimo che il direttore dell'Azienda ha trasmesso alla Procura della Repubblica
Una bufera rischia di travolgere il professor Antonio Ambrosini, primario della Clinica ginecologica e ostetrica dell’Asl di Padova. Una bufera iniziata con un esposto anonimo finito nelle mani del direttore dell’Azienda ospedaliera di Padova Adriano Cestrone e da questi girato in procura, dove hanno aperto un fascicolo planato sulla scrivania del pm Orietta Canova.


Antonio Ambrosini era già finito nell’occhio del ciclone alcune settimane fa, accusato di aver fatto pressione su alcuni colleghi per far eleggere «persone amiche» nelle commissioni, chiamate poi a scegliere i ricercatori da assumere. Un’azione di lobbing probabilmente discutibile dal punto di vista morale che non ha lasciato strascichi giudiziari (l’accusa non era penalmente rilevante). Stavolta, però, la faccenda è diversa. Ciò che è accaduto - se la magistratura lo verificherà - produrrà effetti non solo penali. Perché sebbene il magistrato non abbia ancora formulato ipotesi, se il reato verrà accertato, l’Asl potrebbe sospendere o licenziare il professor Antonio Ambrosini.


Ma in cosa consiste la bufera? A renderla nota è stato un articolo della Stampa che ieri ha pubblicato un documento falsificato. Perché? Perché agli atti risulta che il professor Antonio Ambrosini avrebbe effettuato un intervento chirurgico a Padova, quando invece era ad un convegno a Shanghai. Otto novembre 2007, ore 19 (più o meno le 10 a Padova, calcolando il fuso orario): il professor Antonio Ambrosini, in qualità di presidente del Sigo (società italiana di ginecologia e ostetrica) è a cena al nono piano dell’Hotel Le Royal Meridien di Shanghai insieme al figlio Guido (invitato ufficialmente dal padre) e ad altri colleghi ginecologi, per l’apertura del Secondo congresso Asian Pacific sulle «controversie in ostetricia, ginecologia e infertilità», che si tiene dall’8 all’11 novembre 2007.


Lo testimoniano un documento (l’invito formale spedito da Antonio Ambrosini al figlio) e una foto (tratta da Gyneco, l’organo ufficiale dell’associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani, pubblicata anche in internet) che ritrae Antonio Ambrosini mentre sorride ad un brindisi con altri medici. Nove novembre 2007, ore 12,20 (le 21,20 a Shanghai): il professore Antonio Ambrosini è in sala operatoria nella clinica ginecologica e ostetrica da lui diretta a Padova per effettuare un intervento di «taglio cesareo complesso» in regime di intra moenia. Lo si evince da un documento firmato da Erich Cosmi, (figlio di Ermelando Vinicio Cosmi, direttore del Dipartimento di ginecologia dell’Università La Sapienza di Roma).


Nel documento (il conto prestazione sanitarie utenti paganti in proprio, che serve all’Asl per pagare chi opera in intra moenia) Antonio Ambrosini figura come primo operatore dell’intervento, quindi colui al quale andrà il 60 per cento dei circa 7 mila euro che la paziente ha pagato per il parto. L’intervento è durato dalle 12,20 fino alle 13,16. Stando così le cose è difficile che sia stato proprio il professor Antonio Ambrosini a praticare il cesareo. Tuttavia, appare improbabile che la donna che aveva scelto il professore come ginecologo per il parto intra moenia (quindi a pagamento) non si sia accorta che il professore non c’era. E comunque che non abbia protestato. Dunque il nome di Antonio Ambrosini deve essere finito su quel foglio dopo l’intervento programmato con un altro ginecologo. Ipotesi. Solo ipotesi, per ora.


A cui la magistratura padovana sta cercando di dare una risposta. Come una risposta serve per altri due episodi anomali accaduti sempre in Clinica ginecologica e citati dalla Stampa. Otto agosto 2008, dalle ore 19,10 alle 19,50: il taglio cesareo viene contabilizzato con il professore Antonio Ambrosini come primo operatore. Tuttavia, nella cartella anestesiologica, l’anestesista registra come chirurghi presenti Guido Ambrosini, Gianfranco Fais e Alessandra Zambon. Di Antonio Ambrosini, quindi, nessuna traccia. Ma c’è di più: nel Registro Parti, che dovrebbe essere compilato dal primo operatore, su un foglio c’è scritto solo «Prof. Ambrosini», senza indicare se si tratti del padre (Antonio) o del figlio (Guido), entrambi professori. «Il foglio - scrive sempre il quotidiano piemontese - è sottoscritto dal primo operatore, quello a cui verrà attribuito il 60% della cifra dell’intervento, ed è la firma di Guido. Questo foglio però reca un lungo frego e la scritta “Annullato”.


Ed è sostituito da un secondo foglio, identico, tranne alcune righe in più della descrizione dell’intervento, e la firma del primo operatore: un generico «prof. Ambrosini» molto diverso dalla firma di Antonio che appare in tutte le cartelle del dipartimento». Sotto la lente, infine, anche l’intervento del 19 ottobre 2007: sempre un taglio cesareo. In questo caso nel Registro Parti compilato dal primo operatore, il professor Antonio Ambrosini firma con il suo nome e dichiara di aver effettuato l’intervento. Ma nel Registro Parto compilato dall’ostetrica c’è scritto come primo operatore un altro nome: Gianfranco Fais, che è il responsabile (a contratto) delle sale parto della Clinica ginecologica.


Che ne pensate? A vostro avviso la direzione dell'Asl dovrebbe intervenire anche prima del giudizio della magistratura o fa bene ad attendere di vedere almeno come si concluderà l'inchiesta? Malasanità o Malauniversità, con baroni troppo potenti e casi di nepotismo, come già denunciato anche dal professor Ermanno Ancona? Fate conoscere la vostra opinione

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