«Par tera, par mar, evviva San Marco»

VENEZIA. «Par tera, par mar, evviva San Marco!». Gonfaloni sventolanti, bandiere inneggianti all'indipendenza, cori di voci convinte, vigili urbani e poliziotti in tenuta antisommossa che, in via precauzionale, hanno accompagnato dal ponte di Calatrava alla Basilica della Salute la manifestazione pacifica degli indipendentisti veneti. Nel pomeriggio, la tensione era alta fra i militanti riuniti nel comitato referendario Veneto decide, arrivati a Venezia in almeno cinquecento da tutte le province.
Dalle 13.30 al pomeriggio inoltrato hanno seguito ogni minuto della discussione sul referendum in consiglio regionale, prima con il corteo e poi con il presidio in Fondamenta della Salute, “dirimpettaia” di Palazzo Ferro-Fini. I rappresentanti dei vari movimenti che fanno parte del comitato – fra cui Indipendenza Veneta, Veneto Stato, alla Lega Nord, al 16° Reggimento Treviso e Raixe venete – si sono susseguiti negli interventi sul palco. «Sono i veneti a chiederci l'indipendenza perché stanchi di questa Italia fallita», ha detto il giovane segretario di Indipendenza Veneta Giulio Maria Turco «da un sondaggio che abbiamo commissionato, è emerso che oltre il 56% dei veneti direbbe sì all'indipendenza». Guai a confondere l'ipotesi di macro-regione con l'idea di una regione indipendente: «Noi vogliamo il Veneto libero, libero dalle tasse da versare a Roma, libero dalla corruzione, e libero di scegliere il suo destino», aggiunge Turco. Gli fa eco l'europarlamentare del Carroccio Mara Bizzotto: «Il Veneto si è svegliato, finalmente», ha esclamato rivolgendosi a Ferro-Fini, dov’era in corso la votazione «regaliamo allo Stato 18 miliardi di euro all'anno, Roma deve capire che siamo stanchi di pagare anche per gli altri». «Non siamo dei nostalgici ma delle persone stufe di seppellire imprenditori suicidi perché sopraffatti dalle tasse e dai conti da pagare a un Paese che non dà indietro niente», ha aggiunto Teresa Davanzo di Indipendenza Veneta.
«Ci sono molte persone che attendono una risposta – ha detto il presidente indipendentista Luca Azzano Cantarutti in attesa del voto», siamo convinti delle ragioni che ci hanno portato fin qui e andremo avanti». Alessio Morosin, presidente onorario di Indipendenza Veneta, ha ribadito dal palco la necessità di andare oltre i giudizi sulla costituzionalità del referendum che, pur scavalcando l'articolo 5 della Costituzione, che dichiara che l'Italia è una e indivisibile, si appella all'articolo 10 sul rispetto delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. Fra i militanti presenti ieri alla manifestazione, c'erano persone di tutte le età: mamme e papà con i bambini appena usciti da scuola, amministratori comunali, persone in là con gli anni, che si dichiarano sempre con il cuore vicino alla Lega Nord, e anche tanti giovani.
Giulia e Nicolò, fidanzati di Adria, non hanno neppure vent'anni e vedono nell'indipendenza del Veneto l'unica via di salvezza: «Non avremo mai un futuro se restiamo vincolati all'Italia. Siamo stufi di vivere in un paese dove ogni giorno si contano imprenditori suicidi per la cattiva amministrazione del governo. Abbiamo una grande cultura e una grande storia: è ora di usarla a nostro beneficio». Da un gruppetto di Spinea, spunta il sogno di un'indipendenza sul modello-Scozia: «Vogliamo un governo nostro, scelto da noi. Non ci riconosciamo nell'Italia, siamo veneti e non italiani». Ma emerge anche una consapevolezza: «Siamo ancora troppo pochi, per questo non riusciamo a farci sentire, i nostri obiettivi sono giusti ma non abbiamo abbastanza numeri per tradurli in realtà».
A prudente distanza, una voce controcorrente, quella del comitato Bandiera italiana 17 marzo (la cui presidente onoraria è Lucia Massarotto, testimonial “tricolore” durante i comizi di Bossi in laguna) che annuncia una petizione patriottica-unionista: «Zaia0non è più il nostro presidente», fa sapere Oliviero Cassarà «perché ha scelto di rappresentare una parte anziché tutti i cittadini veneti».
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