Paris Bordon, il pittore divino torna nella sua Treviso

Quarantun opere, tra cui un “San Giorgio uccide il drago” restaurato, al Museo di Santa Caterina in un’esposizione che rende omaggio al maestro del Cinquecento

Marzia Borghesi

È la ciliegia prelibata da gustare alla fine, la perla rara: la grande pala “San Giorgio uccide il drago” dei Musei Vaticani, che fu commissionata per la chiesa di San Giorgio a Noale, capolavoro assoluto citato anche da Longhi nel suo “Viatico per cinque secoli di pittura veneziana”. La si può ammirare da oggi a Treviso nelle sale ipogee del Museo di Santa Caterina nell’ambito della grande mostra “Paris Bordon 1500-1571. Pittore divino”. La tavola alla quale Bordon lavorò negli anni venti del XVI secolo, arriva dopo un accurato restauro che ha restituito riflessi favolosi ai colori, finanziato per 30mila euro dalla mostra, ovvero da Marsilio Arte che cura l’organizzazione e pubblica il catalogo, e dagli sponsor (Banca Intesa San Paolo, Save Aertre, Camera di Commercio e Consorzio Tutela Prosecco Doc).

L’OMAGGIO

Tributo al celebre pittore nato a Treviso nel 1500, la monografica di Santa Caterina voluta dall’amministrazione comunale, arriva a quasi 40 anni dalla mostra curata dai Musei Civici con Eugenio Manzato e Rodolfo Pallucchini, ai Trecento, nel 1984; e a 122 anni dalla precedente esposizione fotografica sempre a lui dedicata.

Con 41 opere selezionate e ottenute in prestito, nonostante gli intoppi causati dalla guerra, dai più prestigiosi musei del mondo – tra gli altri National Gallery, Louvre, Kunsthistorisches Museum, Uffizi, Musei Vaticani – l’esposizione curata da due studiosi che non richiedono presentazioni come Simone Facchinetti e Arturo Galansino, ne racconta il percorso artistico nato nella bottega rinascimentale di Tiziano a Venezia, alla quale approdò giovanissimo, e poi evoluto nello stile manierista soprattutto dopo il viaggio a Fontainebleau alla corte di Francesco I.

Paris Bordon, il Divin Pitor si svela al Museo di Santa Caterina a Treviso

L’ALLESTIMENTO

L’esposizione è ben congegnata grazie alla riorganizzazione della sala principale accessibile da un ingresso separato, senza dover attraversare la pinacoteca (ci si torna, però, per visitare la stanza allestite con le opere in collezione). Otto le sezioni tematiche: Eredità di Tiziano; Fortuna storica; Ritratti; Mitologie; Eros; Invenzioni di Paris; Quadri di devozione privata; Opere devozionali e pale d’altare). Dai lavori dei primi anni, ancora segnati dallo stile di Tiziano e Giorgione, nelle sacre famiglie e in alcuni ritratti, alle opere più tarde nelle quali approdò ad un modo tutto personale.

LA FAMA

Figure a mezzo busto in un tripudio, per le dame, di arricciature, pieghe, lucentezze, con sfondi di architetture che rendono Paris Bordon riconoscibile a colpo d’occhio, la sezione dei ritratti annovera pezzi emblematici come il “Ritratto di gentiluomo” di Genova e il “Ritratto di giovane donna” della National Gallery. I lavori di Bordon erano, del resto, molto richiesti e lui ne produsse in quantità per committenze anche oltreconfine. Interessante a questo proposito la piccola sezione di volumi in prestito dalla Biblioteca Marciana, che testimoniano l’attenzione di cui ha goduto nel tempo il genio trevigiano: dal Vasari che ne scrive nell’edizione del 1568 delle Vite, al Ridolfi e al Lanzi, con una voce narrante che cita alcuni passi.

EROS E SOGGETTI MITOLOGICI

Sulla strada tracciata dai maestri veneziani, Paris Bordon si distinse per i dipinti a soggetto pagano per uso privato. Di impatto il celebre “Marte, Venere e Cupido incoronati da Imeneo” (anni ’40) di Vienna e la “Coppia di amanti” di Londra ancora più tardo (1555-1560). La più raccolta sala successiva è aperta da sette studi a gesso e pastello propedeutici alla realizzazione degli oli, provenienti dalla Galleria degli Uffizi e dal Louvre.

Chiude il percorso espositivo la sezione dedicata alle opere devozionali e alle pale d’altare tra le quali la spettacolare “Annunciazione” di Caen, dominata da un complesso reticolo di architetture. È qui che ruba la scena il “San Giorgio” dei Vaticani, di sfolgorante, lucente, bellezza, a chiudere un percorso piacevole e di grande livello. Peccato per le assenze: mancano all’appello i dipinti dell’Ermitage, «che siamo per fortuna riusciti a sostituire» ha detto Galansino. E manca un’opera capitale di Bordon, la “Consegna dell’anello al Doge” delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che si potrà comunque ammirare dopo un breve viaggio in laguna. —

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