Poteri straordinari a Lamorgese «Faremo rispettare la legge» Gelo tra Zaia e i sindaci leghisti

Il prefetto di Venezia Luciana Lamorgese e il ministro Roberto Maroni; a destra Federico Caner e Attilio Schneck
VENEZIA.
L'immaginario corre all'apprendista stregone disneyano, che evoca forze oscure convinto di padroneggiarle ma ne è sopraffatto. L'arrivo dei rifugiati nordafricani in Veneto ha effetti deflagranti sulla Lega, che si dichiara partito di lotta e di governo ma, al battesimo del fuoco, spezza i ranghi e si ribella ai comandanti, incluso il governatore Luca Zaia, sorpreso e ferito dal fuoco amico.
Un fronte del rifiuto che parte dal Trevigiano, dove il segretario del Carroccio e sindaco di Vittorio Veneto, Gian Antonio Da Re, è lapidario: «Profughi qui? Mai e poi mai. Del Governo non ci fidiamo e lo diremo a Maroni»; dove ancora echeggia il «vade retro» elettorale del presidente della Provincia Leonardo Muraro e il «blocco navale e terrestre ai confini» invocato dall'ottuagenario sceriffo Gentilini. Che si estende al Padovano, con i proclami bellicosi del sindaco-deputato di Cittadella Massimo Bitonci. Che culmina nel Vicentino con il leghista Attilio Schneck, al timone dell'amministrazione provinciale, lesto a soffiare sulla protesta dell'Altopiano di Asiago, destinatario di 250 libici: «Condivido la rabbia dei sindaci, fosse per me non ne accoglierei neanche uno». Solo la bossiana Francesca Zaccariotto, che presiede la Provincia di Venezia, va controcorrente e dice sì alla quota di stranieri assegnata dal ministero degli Interni, ipotizzando di coinvolgere gli adulti in un programma di lavori di pubblica utilità. Una linea morbida che trova seguaci anche a Verona, feudo del "maroniano" Flavio Tosi. Tant'è. Lo strappo clamoroso di Zaia, che ha reagito alle barricate padane cedendo i poteri commissariali a Governo e prefetti - «Adesso mi divertirò io a contestare le decisioni degli amministratori locali» - è consumato. Il nuovo commissario per l'emergenza regionale sarà, probabilmente, il prefetto di Venezia Luciana Lamorgese, che già coordina il piano di accoglienza del Viminale e gode della fiducia di Zaia e di Maroni. Quest'ultima è decisa a proseguire sul terreno del dialogo, non all'infinito però: «Attendiamo le risposte dei sindaci», fa sapere «poi agiremo con gli strumenti della legge». Ecco, venuta meno la mediazione «amica» di Palazzo Balbi, non è difficile prevedere un clima sempre più teso. Ne è ben consapevole Federico Caner: «Il rischio, adesso, è che la concertazione venga meno e che le decisioni bypassino gli enti locali», commenta il giovane capogruppo al consiglio veneto. Che non si esime dall'autocritica - «La collaborazione col presidente Zaia è stata insufficiente, la filiera leghista deve funzionare meglio» - ma allarga l'analisi al territorio e al Governo: «Gli amministratori, i nostri ma anche quelli del Pdl e del centrosinistra, hanno reagito con durezza perché percepiscono l'ostilità dei cittadini a ulteriori arrivi di stranieri e, in qualche modo, si fanno interpreti di un sentimento diffuso. Io difendo Zaia, chiamato a fronteggiare un problema che scotta, ma critico Berlusconi e Frattini che hanno voluto una guerra insensata addossando al solo Maroni la gestione dell'emergenza». Nervi tesi tra i padani, insomma. Mentre l'opposizione punge. «Zaia fa il Ponzio Pilato, scarica le responsabilità e agisce come un elefante in una cristalleria», contesta Giorgio Conte, coordinatore del Fli. «Un conto è governare, un conto è fare sempre e solo propaganda, questa è una prova di incapacità», rincara il sindaco di Padova, Flavio Zanonato; da Vicenza il suo omologo e compagno di Pd, Achille Variati, esprime invece solidarietà istituzionale al governatore, «vittima dell'intolleranza irresponsabile dei leghista».
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