Processo Pfas, tutti a giudizio i 15 manager della Miteni di Trissino

Il gup di vicenza Renato Venditti ha deciso: in Corte d’assise il 1° luglio, respinta la richiesta di trasferire l’inchiesta a Trento. I comitati: risultato storico che risponde alle aspettative di 330 mila persone

VICENZA. Nessun colpo di spugna, ma un processo “storico” contro i veleni della Miteni di Trissino. Si parte il primo luglio in Corte d’Assise a Vicenza, con due giudici togati e sei “civili” chiamati a giudicare l’inquinamento da Pfas che ha avvelenato la seconda falda idrica d’Europa e contaminato 330 mila persone tra Vicenza, Padova e Verona. Un danno che ha costretto il governo Gentiloni a stanziare 80 milioni per rifare 4 acquedotti.

L'udienza a Vicenza

Il 26 aprile il gup di Vicenza, Roberto Venditti, ha respinto la richiesta degli avvocati difensori che volevano trasferire il processo a Trento e poi ha rinviato a giudizio tutti i 15 manager accusati a vario titolo di avvelenamento di acque, disastro innominato, inquinamento ambientale e reati fallimentari per l’ ex azienda di Trissino. La decisione è arrivata al termine di tre ore di camera di consiglio dopo la quale il giudice Roberto Venditti ha letto in aula il dispositivo. Gli imputati sono i manager giapponesi della Mitsubishi Corporation, della lussemburghese controllante di Miteni Icig e della Miteni stessa.

Gli imputati

Si tratta del tedesco Patrick Hendrik Schnitzer; il connazionale Achim Georg Hannes Riemann, amministratore delegato e componente del cda di Icig; Alexander Nicolaas Smit, olandese residente in Francia, già presidente del cda di Miteni; l’irlandese Brian Anthony Mc Glynn, di Milano, amministratore delegato di Miteni; Luigi Guarracino di Teramo, direttore operativo a Trissino; Davide Drusian di Marano, procuratore speciale di Miteni. E poi il tedesco Martin Leitgeb legale rappresentante di Miteni dal 2017 al fallimento; Antonio Alfiero Nardone di Alessandria, legale rappresentante, componente del cda, consigliere delegato e procuratore speciale di Miteni. E ancora i manager italiani Mauro Cognolato, di Stra; Mario Mistrorigo di Arzignano e Mario Fabris di Fontaniva. Infine, i giapponesi di Mitsubishi Maki Hasoda, Kenji Ito, Naoyuki Kimura e Yuji Suetsune. Responsabili civili sono Mitsubishi, Icig e il fallimento Miteni.



Le parti civili, cioè le presunte vittime del reato che hanno chiesto e ottenuto di entrare nel processo per chiedere un risarcimento, sono 226: si tratta di enti pubblici (a partire dalla Regione) Legambiente, Greenpeace, Mamme no Pfas e cittadini residenti nella zona rossa compresa fra le province di Vicenza, Verona e Padova. Davanti al tribunale di Vicenza, fin da domenica sera, si sono radunati gli ambientalisti e le mamme No Pfas impegnate dal 2013 nella battaglia di bonifica dell’area tra Trissino, Lonigo e Montagnana.

«Il rinvio a giudizio deciso dal giudice Venditti fa giustizia delle aspettative delle parti civili e di un’intera comunità di 330 mila persone contaminata dall’acqua avvelenata dai Pfas. Si tratta di reati con pene fino a 24 anni», spiega l’avvocato Matteo Ceruti che tutela un centinaio di mamme no Pfas. L’unificazione delle due inchieste ha portato il processo in Corte d’Assise e «quindi si tratta di prepararsi al dibattimento che si annuncia molto complesso fin dalla prima udienza. Ci mettiamo subito al lavoro per raccogliere le testimonianze più importanti», conclude Ceruti. Michela Piccoli, che guida il comitato mamme No Pfas, è commossa e dice che a luglio nella prima udienza si potranno costituire altri cittadini quali parte civile per tutelare i loro diritti.



Fabio Pinelli, che tutela la Regione nel dibattimento, sottolinea che «come hanno indicato nella discussione i pubblici ministeri Hans Roderich Blattner e Barbara De Munari, il processo si celebra anche grazie al notevole contributo, a livello di ricerca e di studio, della Regione Veneto che ha supportato la cittadinanza e l’autorità giudiziaria sin dal primo giorno dell’emersione dei veleni nel torrente Poscola a Trissino. Proprio per questo abbiamo chiesto risarcimenti milionari in ragione delle somme spese per il ripristino delle aree, per il rafforzamento delle infrastrutture e per lo sviluppo e l’attuazione dei piani di sorveglianza sanitaria». —


 

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