Reperti etruschi da scavi clandestini, i carabinieri li consegnano alla Soprintendenza di Venezia
I dieci pezzi rinvenuti in un'abitazione privata, ma i proprietari non avevano i titoli per tenerli. L’inchiesta della Procura e l’affidamento al museo archeologico nazionale di Fratta Polesine

Il Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Venezia ha consegnato alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Venezia dieci reperti archeologici di notevole pregio.
Tra i manufatti archeologici un'olpe etrusco-corinzia a rotelle degli inizi del VI sec. a.C., che trova un confronto stringente con un esemplare conservato al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Il collo presenta una decorazione a fasce parallele brune, rosse e bianche; sul corpo si avvicendano, su due registri sovrapposti separati da fasce parallele in tricromia, teorie di animali reali e fantastici. Sono inserite, come riempitivo, numerose rosette circolari con partizioni graffite a croce. La parte inferiore del vaso è decorata da una "catena di denti di lupo".
L'area di produzione e circolazione dei reperti, comprendenti ceramiche d'impasto e fini da mensa, risulta collocabile principalmente nell'ambito etrusco-laziale medio-tirrenico. I reperti si datano principalmente tra l'Età Orientalizzante e l'Età Tardo Arcaica (VIII - VI sec. a.C.).
Le indagini, dirette dalla Procura di Venezia, sono state avviate nell'ottobre 2024, nell'ambito di un'attività ispettiva presso una abitazioneprivata, facente parte di un asse ereditario. I reperti sono stati sottoposti a sequestro, stante l'assenza di un valido titolo di proprietà da parte del titolare dell'immobile, la cui collaborazione è stata altresì importante nel corso delle indagini, a partire proprio dalla denuncia di ritrovamento.
Le indagini hanno accertato che i reperti provenivano da scavi clandestini avvenuti in area centro-italica, successivamente ricettati in area ceretana e etrusco-laziale, infine giunti nelle mani dei più recenti detentori in buona fede, che non disponevano di idonei titoli di proprietà sui beni.
Nel maggio 2025 la Procura di Venezia ha disposto il dissequestro dei beni e la loro restituzione allo Stato, individuato nella Soprintendenza ABAP di Venezia. Secondo quanto disposto dalla Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio del Ministero della Cultura, i reperti, presi nel frattempo in consegna dalla Soprintendenza di Venezia, sono stati definitivamente assegnati per la valorizzazione al Museo archeologico nazionale di Fratta Polesine, nel Rodigino, di competenza della Direzione regionale Musei nazionali Veneto.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova








