Riciclaggio di denaro e boom di fatture false per incassare l’Iva

PADOVA. Un giro vorticoso di carte: le false fatturazioni sembrano essere la principale attività degli indagati nell’operazione “Valpolicella”. Certamente meno intrigante delle azioni criminali old style – tipo estorsioni o rapine - che non vengono accantonate.
Una modalità che sembra mettere d’accordo tutti. E che permette sia il riciclo di denaro sporco sia il guadagno derivante dal credito dell’Iva che genera la falsa fatturazione reciproca tra soggetti. Un’ articolata rete di società che scambiano fatture per attività in tutto o in parte inesistenti. La parte in eccedenza veniva recuperata in contanti da chi aveva saldato la fattura e poi divisa tra i diversi attori. A questa attività partecipavano i principali indagati.

Nel caso di Laura Aldeghieri – la veronese del gruppo, sposata con Giovanni Grisi - amministratrice di fatto della Gry Oli si è trattato di risparmi di imposta per un milione di euro.
Un sistema che, secondo gli inquirenti era stato importato dall’Emilia dove Salvatore Cappa e Francesco Frontera (raggiunto in carcere dall’ordinanza di arresto), detto “Provolone”, originariamente operavano. I due erano amministratori di fatto della Edil Planet srl, diretta espressione della cosca Grande Aracri e da cui la Gry.Oly. di Grisi avrebbe appreso le modalità.
Ecco perché spesso i componenti delle famiglie che gravitano nell’orbita ‘ndranghetista sono intestatari di società, utilizzate per far transitare le fatture. Anche il giovane Carlo Scarriglia, l’altro arrestato nell’ indagine e intestatario della Edil Sistem, risulterebbe poco di più di un esecutore dei voleri di Francesco Frontera e di sua moglie Aleksandra Dobricanovic (agli arresti domiciliari).
Forti ma non chiari i legami tra Frontera, indicato dal pubblico ministero come riferimento del gruppo veneto, e la famiglia Grisi, di cui sono indagati i fratelli superstiti Francesco, Giovanni, Giuseppe e Roberto.
Gli altri due, Alfredo e Giuseppe, sono rimasti vittime di uno scontro a fuoco a Crotone nel 2011 a cui era presente – non è chiaro con quale ruolo - anche Francesco Frontera.
I Grisi non sarebbero organici della cosca Grande Aracri, ma sarebbero rimasti, dopo l’uccisione di Antonio Dragone e lo scioglimento della sua organizzazione, in una posizione di cuscinetto nell’arcipelago veneto ‘ndranghetista. È stata forse questa difficile posizione di equidistanza a costare la vita ai due fratelli.
Frontera ha coamministrato - con l’imperturbabile Isidoro Danilo, lombardo, e storico socio della famiglia cutrese - le ditte dei Grisi dopo la morte dei due fratelli. Ma le fatture false non erano le loro sole attività: Francesco Frontera aveva un modo tutto suo di recuperare crediti.
«Perché fino ad adesso ho fatto il bravo e continuo a fare il bravo, in quanto capisco la situazione, però non fare in modo che divento cattivo, perché se divento cattivo la cosa è diversa» sibila al telefono ad un imprenditore che gli doveva un pagamento.
In un episodio analogo che coinvolge i fratelli Grisi fanno la loro comparsa, con un ruolo defilato, altri personaggi noti alle cronache veronesi come sodali della famiglia Giardino: membri della famiglia Mercurio e Capicchiano originarie, come i Giardino, da Isola Capo Rizzuto.
Come hanno certificato i rapporti della direzione antimafia in Veneto operano molte famiglie ‘ndranghtiste, del Crotonese come del Reggino. Questa inchiesta - una filiazione dell’inchiesta “aemilia” sulle attività della cosca Grande Aracri in Emilia - ha aperto un piccolo squarcio. Dovranno ancora essere esplorate le molte ramificazioni tra le diverse famiglie venete di ‘ndrangheta e le loro alleanze con la società locale.
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