Rizzi: ecco come le mafie vogliono impoverire il Veneto

1. Cento misure cautelari eseguite, per associazione di stampo mafioso, in un mese. In Veneto difficile parlare ancora di infiltrazioni. La mafia si è radicata a Nordest?
Il Veneto, in ragione della posizione strategica nonché delle numerose imprese attive, è una delle regioni trainanti per l’economia italiana. Le infrastrutture presenti nella regione insieme alla ricchezza prodotta dalle aziende rappresentano obiettivi di grande interesse per la criminalità mafiosa che cerca di infiltrare, in maniera “silente”, l’economia legale. Il modus operandi attraverso il quale si manifesta l’azione delle organizzazioni mafiose è quello di avvicinare le imprese in difficoltà, proponendosi come soci e finanziatori, per poi acquisirne la proprietà e la gestione, favorite dalle loro grandi disponibilità finanziarie. In alcuni casi sono gli stessi imprenditori in difficoltà a rivolgersi direttamente a soggetti vicini alle consorterie mafiose per la risoluzione di problemi economici o per ottenere agevolazioni. D’altra parte le organizzazioni criminali non esitano, in caso di necessità, a far ricorso all’intimidazione per raggiungere i propri obiettivi.
2. C’è stata disattenzione nel valutare i segnali che qualche cosa, anche nel tessuto socio-economico della “locomotiva d’Italia”, stava cambiando? O era inevitabile che questo accadesse?
C’è sempre stata da parte della Magistratura e delle Forze di Polizia forte consapevolezza della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata. Le Istituzioni e le Forze di Polizia hanno sempre vigilato utilizzando gli strumenti normativi a disposizione per prevenire e contrastare i tentativi di infiltrazione criminale nel tessuto socio economico e nel settore pubblico. A riprova di tale attività, ci sono i positivi risultati conseguiti con i numerosi arresti e con le disarticolazioni di propaggini di organizzazioni mafiose nel Veneto. Tali successi da parte dello Stato sono il frutto di plurime, articolate e lunghe attività investigative avviate già da anni nella regione dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza. Solo per citarne alcune si pensi alle operazioni “Terry”, del 12 febbraio 2019 a Verona, Venezia, Vicenza, Treviso, Crotone, Ancona e Genova, “Camaleonte”, del 12 marzo 2019 a Padova, Venezia, Vicenza Treviso, Belluno e altre province italiane e “Maestrale 2017”, del 16 maggio 2019 a Verona, Bari, Molfetta (Ba), Trani, Augusta e Lecce. Queste attività hanno portato, nel complesso, all’arresto o al deferimento di oltre 130 persone colpendo duramente articolazioni della ‘ndrangheta, della camorra e della sacra corona unita. L’attività di contrasto svolta negli anni da magistratura e Forze di Polizia non ha tralasciato di aggredire anche i patrimoni illecitamente accumulati. Solo nel 2019 nel Veneto sono stati sequestrati alla criminalità organizzata 274 beni per un valore complessivo di circa 24 milioni di euro.
3. Al Nord la mafia non usa la lupara, ma le mazzette. L’effetto è lo stesso. È cambiata la mafia o si è solo adeguata al territorio da conquistare?
La mafia adotta il metodo della cosiddetta “colonizzazione”, cerca cioè di espandersi nei territori dove c’è ricchezza, dove la vivacità del tessuto economico consente di investire e riciclare i proventi delle attività delittuose. Le consorterie hanno dimostrato una notevole capacità di adattamento e di mimetizzazione nel tessuto sociale al fine di non attirare su di se’ l’attenzione delle Forze di Polizia. La scelta è stata quella di accreditarsi presso imprenditori, professionisti, politici, funzionari e amministratori pubblici per raggiungere i propri scopi attraverso le promesse di guadagni o più banalmente con il metodo corruttivo.
4. In un’intercettazione il capoclan Luciano Donadio dice: Noi siamo i casalesi di Eraclea”. Le cosche al nord godono di autonomia, rispetto alla “casa madre”? Oppure gli ordini continuano ad arrivare dal sud?
Negli ultimi anni è stata documentata l’operatività di soggetti riconducibili all’organizzazione camorristica dei Casalesi, penso da ultimo all’operazione del 19 febbraio 2019 che ha riguardato il territorio di Eraclea. Nel Veneto, come altrove, le diverse organizzazioni mafiose mantengono i collegamenti con le regioni d’origine. A seconda del tipo di organizzazione (camorra, cosa nostra, ‘ndrangheta, criminalità pugliese) è evidente che si cerchi di riproporre le stesse strutture criminali della zona di provenienza e di ricevere appoggi e sostegno economici da esse. In taluni casi può esistere dipendenza, in altri potremmo parlare di autonomia. Di fatto la criminalità è in continua evoluzione e dimostra grandi capacità imprenditoriali e di adattamento. In particolare, i modelli criminali tradizionali così come venivano rappresentati nel passato sono mutati: oggi le organizzazioni criminali pongono al centro il business e quindi c’è trasversalità e i modelli orizzontali (che prevedono autonomia) coesistono con quelli verticali (che fanno riferimento a strutture gerarchiche).
5. Camorra, ‘ndrangheta e mafia. Sono presenti in Veneto, ma non si registra conflittualità. È possibile che ci sia un accordo? Oppure c’è talmente tanta ricchezza che non serve farsi la guerra, tanto ce ne è per tutti?
La criminalità oggi fa affari e non ha come obiettivo prioritario l’affermazione di una supremazia con l’uso delle armi. Se è funzionale al business si fanno accordi e ci si arricchisce anche in ragione del fatto che più le organizzazioni criminali si mimetizzano meno attirano l’attenzione delle Forze di polizia. Una criminalità non conflittuale può realizzare una penetrazione profonda e silente del tessuto economico, politico e sociale di un territorio.
6. Nordest e Grandi opere. Sono sufficienti gli strumenti di controllo esistenti, per impedire che quanto sarà realizzato, diventi business per le cosche?
Gli strumenti di controllo e la normativa italiana rappresentano un modello per tutti i paesi che subiscono l’aggressione delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Lo stesso articolato sistema delle misure di prevenzione costituisce uno straordinario strumento per aggredire i proventi illeciti delle organizzazioni criminali. Le cosche, per mere ragioni di business, immettono nel circuito economico legale, i proventi delle attività illecite tipiche dei grandi gruppi criminali (il traffico di stupefacenti e di armi, l’usura, l’estorsione, la tratta degli esseri umani) facendo venir meno il principio della libera concorrenza di mercato.
Il riciclaggio di questi proventi rende il territorio apparentemente e illusoriamente ricco di risorse, ma in realtà svuotato di ogni contenuto imprenditoriale legale e di prospettive future.
L’attività di prevenzione è particolarmente complessa ed anticipata in quanto riguarda anche le fasi autorizzative e di aggiudicazione degli appalti, nel corso delle quali non sono infrequenti fenomeni di corruzione e turbativa d’asta. I Prefetti, avvalendosi dei Gruppi Investigativi Antimafia, prevengono le infiltrazioni criminali con lo strumento delle Interdittive Antimafia, che, da una parte permettono di escludere le imprese permeabili alla criminalità organizzata e dall’altra inseriscono nelle cd. White List, le imprese virtuose, che potranno così partecipare legittimamente agli appalti pubblici.
Sono, inoltre, numerosi i Protocolli di Legalità tra le prefetture e le confederazioni di impresa, che tengono conto delle linee guida dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) e del C.A.S.I.I.P. (Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Infrastrutture e degli Insediamenti Prioritari) che opera in seno al Ministero dell’Interno.
Nell’ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale - Servizio Analisi Criminale, opera, inoltre, un gruppo specializzato proprio nell’effettuare questo tipo di controlli, nel 2019 ha infatti controllato 3248 società e in 360 casi sono state evidenziate criticità che hanno portato all’emanazione di provvedimenti interdittivi.
Nel Nordest (Veneto, Trentino, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna), nel quadriennio 2014/2018, sono state emesse Interdittive Antimafia pari al 10% del dato nazionale (fonte ANAC-Avviso Pubblico).
7. Il Nordest è il naturale sbocco, nel sud Europa, della “rotta balcanica”. Droga, armi, traffico di esseri umani destinati allo sfruttamento nei campi, sulle strade del sesso o nei cantieri edili e senza dimenticare i profughi, passano anche di qua. Ci può essere una saldatura tra i gruppi criminali stranieri e le cosche che operano da noi?
Sarebbe riduttivo pensare che il Nordest sia solo lo sbocco naturale della “rotta balcanica”, intesa in senso criminale. Quasi tutti i Paesi dell’area balcanica e, più a nord, i cosiddetti Paesi “cuscinetto” con la Russia, (es: Polonia, Romania) ambiscono ad indirizzare i loro flussi commerciali in quest’area del territorio sino all’Adriatico settentrionale. Il Nord Est è un polo attrattivo di nuove economie e di nuovi mercati che lo rende inevitabilmente molto appetibile per le organizzazioni criminali nazionali ed internazionali.
Oggi la criminalità organizzata non ha confini, il business è l’obiettivo di tutte le consorterie criminali, esiste una trasversalità di interessi e dove sono utili interazioni e collaborazioni le organizzazioni criminali non esitano a condividere i loro illeciti traffici.
Un esempio per tutti è quello della cosiddetta tratta delle bianche, che viene gestita dalle mafie balcaniche sia nella fase del reclutamento che del trasferimento nel territorio italiano. La gestione poi dei proventi, se necessario, viene condivisa con le organizzazioni criminali italiane.
Qui l'intera serie di analisi contenute in Atlante criminale veneto
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