Savioli parla e fa i nomi dei politici

VENEZIA. È cominciato alle 9,15, negli uffici della Guardia di finanza di Mestre, ed è terminato alle 14,15: cinque ore ininterrotte d’interrogatorio per Pio Savioli, difeso dall’avvocato Paolo De Girolami, davanti al pubblico ministero Paola Tonini. E ci sarà un secondo round nei prossimi giorni. Poco meno di un’ora sarebbe stata dedicata alla vicenda della gara d’appalto dell’Autorità portuale che è costata gli arresti domiciliari all’esponente del Consorzio Veneto Cooperativo nel consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), mentre il tempo rimanente sarebbe stato dedicato a ricostruire il ruolo di Savioli come collettore di danaro in nero nelle varie imprese del Cvn trasformate poi in mazzette da consegnare a esponenti politici e pubblici funzionari.
Per quanto riguarda il reato di turbativa d’asta, la rappresentante della Procura ha ormai raccolto numerose conferme alle ipotesi d’accusa. Nell’ordinanza di custodia cautelare le prove sono state raccolte grazie alle intercettazioni telefoniche e soprattutto a quelle ambientali e ora ci sono le conferme di chi ha organizzato la combine, vale a dire l’ex presidente del Consorzio Giovanni Mazzacurati, che già nel primo interrogatorio aveva confermato di aver messo mano a quell’appalto per far operare le piccole imprese di Chioggia che si lamentavano di aver lavorato poco per il Mose. Poi sono arrivate le conferme di Federico Sutto, il quale ha chiarito di aver impartito le direttive provenienti da Mazzacurati per fare in modo che alcune grosse imprese, come la Mantovani e la Cooperativa San Martino, non presentassero alcuna offerta per la gara in modo da far vincere l’Associazione temporanea d’impresa formata dalle aziende chioggiotte. Infine, è stato il presidente del Consorzio Coperativo Franco Morbiolo, in questo procedimento semplicemente indagato, a raccontare che «Savioli gli aveva spiegato che il Cvn poteva prospettare una somma oscillante tra i 100 mila e i 200 mila euro da corrispondere in cambio del fatto che doveva trovare il modo per non farsi aggiudicare la gara», visto che all’ultimo momento aveva presentato un’offerta disobbedendo alle direttive di Mazzacurati. Quindi, il pubblico ministero a Savioli deve aver chiesto alcune conferme sulla turbativa d’asta per passare velocemente ad altro.
Per la Guardia di finanza - lo si legge nella informativa consegnata al pm - Savioli avrebbe dovuto essere indagato per corruzione o addirittura per concussione, visto che i titolari della Cooperativa San Martino, stando alla contabilità nera recuperata dagli investigatori, nel giro di due anni gli avrebbero consegnato ben 600 mila euro. Secondo l’ipotesi delle «fiamme gialle» per ottenere in cambio lavori negli interventi alle bocche di porto per il Mose. Ma Savioli avrebbe cercato di allontanare da sé l’accusa di essere un esoso: quei soldi, avrebbe aggiunto ieri, non erano per lui. Aveva il compito di raccoglierli anche da altre imprese, così come la Guardia di finanza ha scoperto riuscendo addirittura a filmarlo con la telecamera, per poi consegnarli ad esponenti politici e pubblici funzionari. Il segreto è totale sui nomi che Savioli ha fatto anche perché ora scatteranno ulteriori indagini per trovare riscontri a ciò che l’indagato ha riferito. Il suo difensore, l’avvocato De Girolami, non ha chiesto la scarcerazione (Savioli è agli arresti domiciliari) nella speranza che sia domani il Tribunale del riesame a revocare la misura, giudicandola inutile vista la disponibilità a collaborare.
I giudici veneziani, domani, dovranno esaminare i ricorsi presentati dai difensori oltre che di Savioli, anche di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, titolari della S. Martino, di Dimitri Tiozzo, Antonio Scutari ed Erminio Boscolo Menela. Mentre venerdì prenderanno in esame i ricorsi di Giovanni Mazzacurati, Fulvio Boscolo Contadin e Valentina Boscolo Zemello. A presiedere il Tribunale in entrambe le giornate sarà il giudice Angelo Risi.
I giudici intanto hanno respinto il ricorso di Roberto Boscolo Anzoletti e hanno invece revocato l’obbligo di dimora per Juri Barbugian e Carlo Tiozzo Brasiola, accogliendo le tesi della difesa.
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