Se il giudice paga i danni non c'è giustizia
Fra i temi che affronta la riforma costituzionale della giustizia proposta dal governo, quello della responsabilità dei magistrati è senz'altro il più popolare e all'apparenza anche il più ragionevole. Tutti siamo d'accordo sul principio che chi sbaglia paga, magistrati compresi. Già nel referendum del 1987, promosso sull'onda del «caso Tortora», il popolo italiano votò a larga maggioranza per l'abrogazione delle norme che prevedevano che i giudici rispondessero dei loro errori solo in caso di dolo. La legge «Vassalli», che fece seguito al referendum, ha previsto che i magistrati rispondano anche in caso di colpa grave, ma il cittadino può proporre l'azione solo contro lo Stato, che in un secondo momento ha facoltà di rivalersi nei confronti del magistrato. Nell'attuale testo governativo di riforma costituzionale si stabilisce che i magistrati, al pari degli altri funzionari statali, siano «direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti». Azione diretta contro il giudice, dunque, da parte del cittadino vittima del presunto errore. Finalmente, verrebbe da dire, e Berlusconi, che non è certo uno sprovveduto, sa che su questa questione il consenso popolare è senz'altro superiore alla stessa maggioranza di cui dispone. Peccato che non sempre ciò che è popolare sia anche giusto. Il giudice è l'arbitro dei conflitti. Il soccombente è sempre scontento della decisione e quasi sempre sarà convinto che il giudice abbia sbagliato a valutare le norme o i fatti. Nel giudizio penale il condannato avrà sempre motivo di lamentarsi della condanna. E' facile prevedere che la possibilità di agire direttamente contro il giudice che ti ha dato torto dia il via a una serie innumerevole di cause risarcitorie, come se i Tribunali italiani non fossero già abbastanza intasati di processi. Ma non è nemmeno questo il problema più grave. Pensate alla spada di Damocle che penderà sulla testa di ogni giudice. Mi dài torto? Bene, io ti citerò in giudizio, visto che sicuramente hai sbagliato. Qualcuno potrebbe pensare che sono troppo pessimista, ma basterebbe che frequentasse un'aula di giustizia per vedere come sia spesso difficile dirimere torti e ragioni tra parti che si affrontano senza esclusione di colpi, assistite quanto più sono ricche e influenti da agguerriti studi legali. Il giudice potrebbe essere condizionato e optare per la decisione che meno lo espone alle possibili ritorsioni delle parti, o almeno della parte più forte. Parte che potrebbe liberarsi del giudice sgradito ancora prima della sentenza, citandolo in giudizio per qualche presunto errore commesso in fase istruttoria e costringendolo così ad astenersi. Per questi motivi ci sono norme, e non solo in Italia, che limitano la responsabilità civile dei magistrati. Leggi che tutelano non solo la libertà dei giudici di decidere secondo coscienza, ma anche l'affidamento dei cittadini di avere di fronte un giudice che non sia condizionabile. Si obietterà che i giudici hanno il potere di decidere della vita altrui e ogni potere deve essere bilanciato da una adeguata responsabilità. Giusto. Se si ritiene che la legge attualmente in vigore non sia efficace per sanzionare gli errori giudiziari, si studi come modificarla, ma in ogni caso la responsabilità civile dei magistrati deve essere disciplinata tenendo conto della peculiarità del ruolo di chi è chiamato al difficile compito di giudicare. Mi dispiace contraddire il ministro Alfano, ma l'attività di un magistrato non può essere paragonata a quella di un medico. Un giudice, quando decide, scontenta sempre una delle parti in causa. Le norme che limitano la responsabilità civile di giudici e pm non sono un privilegio concesso a una casta di intoccabili, ma servono a garantire l'indipendenza di chi amministra la giustizia nell'interesse di tutti.
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