Sì al referendum sull'autonomia del Veneto

La Corte Costituzionale lo ammette (escludendo tributi e Statuto speciale)
e come previsto boccia il quesito sull'indipendenza della regione dall'Italia

VENEZIA. Bocciato il referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto, ammesso - ma solo parzialmente - quello sull’autonomia, che non potrà includere la tassazione né la richiesta di statuto speciale. Così ha deciso la Corte Costituzionale a fronte dei ricorsi presentati dal Governo contro le due leggi di consultazione popolare approvate dall’assemblea regionale il 19 giugno 2014.


La sentenza, firmata dal presidente della Consulta Alessandro Criscuolo e redatta dal giudice Marta Scarabia, non riserva sorprese sul versante “indipendentista”, dove il rigetto del quesito - «Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana? Sì o No?» - appariva scontato e i magistrati hanno puntualmente accolto l’impugnazione di Palazzo Chigi, dichiarandolo «illegittimo» perché lesivo del «principio costituzionale dell’unità della Repubblica», il cui «valore fondante e identitario» è sancito dall’articolo 5 della Carta.

Più articolato l’approccio all’altra opzione refendaria, che includeva cinque quesiti; qui la Corte - accogliendo la tesi dei giuristi Mario Bertolissi e Ivone Cacciavillani - ha ritenuto legittima la domanda «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», valutata pienamente conforme con il dettato costituzionale perché «evoca il disposto dell’articolo 116, terzo comma, a norma del quale la legge dello Stato può attribuire alle Regioni a statuto ordinario «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia»; cancellato, invece, i quesiti che interpellavano i cittadini veneti sull’opportunità di trattenere nel territorio regionale «una percentuale non inferiore all’ottanta per cento dei tributi pagati annualmente»; sull’eventualità che «il gettito derivante dalle fonti di finanziamento della Regione non sia soggetto a vincoli di destinazione» e, ancora, che il «Veneto diventi una regione a statuto speciale».

La Corte li ha giudicati rispettivamente in contrasto, il primo, con lo Statuto della Regione, che agli aricoli 26 e 27 non ammette referendum consultivi che attengano a leggi tributarie; il secondo con l’articolo 119 della Costituzione, che vieta al legislatore di prevedere, in materie di competenza legislativa regionale residuale o concorrente, «nuovi finanziamenti a destinazione vincolata»; e l’ultimo, sull’autonomia a Statuto speciale, perché «incide su scelte fondamentali di livello costituzionale che non possono formare oggetto di referendum regionali».


Questa la decisionale della Consulta. E se il fronte indipendentista - Alessio Morosin in testa - parla di «un verdetto scontato» annuncia che la battaglia giuridica proseguirà sul piano internazionale, il governatore di Palazzo Balbi Luca Zaia fa sapere che «Al di là dell’ammissibilità dell’uno o dell’altro quesito, resta ferma la nostra volontà di difendere il diritto dei cittadini di esprimersi su entrambi i referendum consultivi, che sono e restano un ottimo esercizio di democrazia».

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