Sotto sequestro il tesoro lasciato da Conte

Ordinanza del giudice: congelato il patrimonio dell'imprenditore morto il 13 ottobre 2008 a 91 anni che è di almeno 30 milioni di euro
È sotto sequestro giudiziario l’eredità milionaria lasciata da Mario Conte, il novantunenne imprenditore di pelli morto il 13 ottobre 2008. Lo ha deciso il giudice Nicoletta Lolli con un’ordinanza depositata ieri mattina nella cancelleria del tribunale: custode dei beni sequestrati è stato nominato l’avvocato Antonio Lovisetto. Tuttavia l’asse ereditario di trenta milioni di euro, a detta del «beneficiato» Luciano Cadore - forse tra i 40 e i 70 secondo fonti investigative - costituito da beni immobili (ville e appartamenti) e mobili (danaro contante, titoli, azioni) non è ancora tecnicamente bloccato: le parti che hanno chiesto e ottenuto il provvedimento del magistrato (due cugini di quarto grado del defunto, assistiti dall’avvocato Maria Francesca Giacomelli e dal collega Giovanni Tagliavini nonché l’Opera Immacolata Concezione difesa dall’avvocato Anna Soatto) dovranno attivarsi, attraverso l’ufficiale giudiziario, per rendere efficace l’ordinanza ottenuta in via cautelare. Il che significa che non si tratta di una statuizione destinata a mettere definitivamente la parola fine alla vicenda. Congelato il patrimonio, alle parti resta da avviare la causa civile con un atto di citazione entro 60 giorni.


LE MOTIVAZIONI.
Il giudice Lolli ha considerato rilevanti due consulenze calligrafiche allegate ai ricorsi: l’una redatta da Lidia Fogarolo, perito per numerosi tribunali, l’altra da un collega altrettanto autorevole. Gli esperti, che hanno operato in totale autonomia, hanno impiegato come scrittura di comparazione rispettivamente i bollettini di versamento dei contributi dei dipendenti domestici relativi agli ultimi 10 anni e sette firme contenute in atti notarili autenticati. Atti scritti, di suo pugno, da Mario Conte. Entrambe le consulenze hanno concluso per la non attribuibilità alla mano di Conte del testamento olografo datato 9 settembre 1999 nel quale si legge: «Nomino mio unico erede universale mio “figlio” Luciano Cadore». Ovvero il maggiordomo-segretario-tuttofare che vive in una palazzina nel quartiere di Sant’Osvaldo e che, per anni, è stato l’ombra dell’imprenditore-pellicciaio sempre poco incline a pagare le tasse e, fino all’ultimo, con personale di servizio «in nero». Il giudice è stato chiaro: le consulenze calligrafiche «non evidenziano illogicità o vizi intrinseci; non risultano affermazioni di una consulenza che smentiscano il contenuto dell’altra, rilevando anzi entrambe, tra l’altro, il carattere spigoloso della grafia con cui è redatto il testamento in confronto ai movimenti maggiormente curvilinei delle firme autografe... Tali consulenze... nei limiti dell’attendibilità assegnabile a elaborati di parte, costituiscono un forte elemento di sospetto sulla non attribuibilità al Conte del testamento con conseguente possibile nullità dello stesso». Il sospetto è che il testamento sia falso. Un sospetto che, scrive il giudice, non sarebbe stato contrastato da Luciano Cadore in maniera idonea ma solo con la richiesta di ascoltare dei testimoni che - si precisa - nulla potrebbero aggiungere sulla veridicità o meno del testamento.


NECESSITÀ CAUTELARI.
Il giudice Lolli ha ritenuto fondate le pretese dei ricorrenti (il sequestro dell’eredità) di fronte al rischio che gli eventuali loro diritti siano pregiudicati nel corso della causa ordinaria destinata, di sicuro, a durare anni: il patrimonio potrebbe essere speso o venduto. Lo stesso Luciano Cadore «ha ammesso - scrive il giudice - di aver già posto in essere atti di disposizione del patrimonio». Fatto che gli era stato contestato dai ricorrenti, come la donazione di un milione di euro alla Libera Fondazione dell’ex sindaco di Padova Giustina Mistrello Destro, oggi parlamentare del Pdl.

L’ordinanza sottolinea anche che la supposta falsità del testamento a beneficio di Cadore renderebbe sconsigliabile lasciare a quest’ultimo la disponibilità dell’eredità. Da qui la necessità di affidare il patrimonio a un custode, un professionista con competenze tecniche e poteri di ordinaria amministrazione: «Non appare opportuno affidare la custodia del patrimonio al resistente (Cadore), indipendentemente dalla sua offerta di prestare cauzione».


L’EREDE.
«Vincere una battaglia non è vincere la guerra. È un provvedimento d’urgenza che non tocca il merito. Ora ci sarà la causa ordinaria» è il commento dell’avvocato-senatore Piero Longo che assiste Luciano Cadore con la collega Ippolita Ghedini. L’esito dell’udienza «non ci stupisce data l’insistenza e l’assunto non veritiero che il testamento sia falso». Sulle contromosse, il legale non si pronuncia. È prevedibile un reclamo al tribunale collegiale come previsto dal codice.

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