Stellar Project va in orbita con mister Tesla Tecnologia veneta per le missioni SpaceX

LA STORIA
Dalle onde radio al fascio di luce laser: c’è una rivoluzione in atto nel mondo delle comunicazioni spaziali, e porta la firma di una società tutta veneta, nata come spin off dell’università di Padova. Stellar Project, a cinque anni dalla fondazione, ha già collezionato collaborazioni con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e, da ultimo, con Elon Musk, l’uomo della Tesla e di SpaceX, che ha portato nello spazio questa nuova tecnologia nella missione Transporter-2.
Il lancio è avvenuto il 30 giugno, a bordo del vettore Ion Satellite Carrier dell’italiana D-Orbit, e per l’autunno si avranno i primi risultati. «Il prototipo» spiega il professor Alessandro Francesconi, co-fondatore di Stellar Project e docente presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’università di Padova «si chiama LaserCube ed è un terminale miniaturizzato per le comunicazioni in banda ottica. Oggi le nostre comunicazioni passano tramite onde radio che si distribuiscono nello spazio, LaserCube invece utilizza un fascio di luce laser. Questo permette di migliorare moltissimo le prestazioni, cioè la quantità di dati trasmessi, ma anche la sicurezza perché non è intercettabile. Questa tecnologia, applicata a piccoli satelliti in orbita bassa, non era mai stata testata con successo da nessuno fino ad oggi».
Stellar Project nasce nel 2016 dalla volontà di far arrivare sul mercato i talenti e le idee che crescono nei laboratori universitari, e trova subito sponda in un imprenditore del Veneziano. Di fatto i co-fondatori sono tre: oltre al professor Francesconi c’è Marco Ramadoro, con una ventennale esperienza nel campo delle assicurazioni per i prodotti spaziali, e Federica Fistarollo, avvocato e manager con master in Business and administration. Ramadoro è stato il primo a credere e investire in Stellar Project, e in fase zero LaserCube è stato supportato anche dalla Regione Veneto. «Il nostro progetto» spiega ancora Francesconi «si inserisce nel contesto della cosiddetta “New Space Economy”: ormai da alcuni anni lo spazio non è più appannaggio unicamente dei governi e delle aziende con un budget multimilionario. L’abbattimento dei costi ha reso possibile la partecipazione anche di startup e spin-off. SpaceX in questo senso ha fatto una rivoluzione, abbattendo di molto i costi di lancio e quindi moltiplicando anche le opportunità. Così molte aziende stanno proponendo applicazioni a basso costo per l’osservazione della Terra e anche per le telecomunicazioni: riguardano attività come il monitoraggio del clima, del traffico, delle frane. Ora, però, siamo al punto in cui questi nuovi dispositivi sono così performanti che nello spazio non abbiamo abbastanza capacità per trasmettere i dati a Terra».
E qui si inserisce LaserCube, che con il suo fascio di luce potrebbe sbaragliare la concorrenza delle vecchie onde radio. «Dopo i primi contatti con l’Asi e con l’Esa» ricorda Francesconi «ci era stata proposta un’attività di sviluppo preliminare: volevano vederci chiaro, il nostro prodotto era talmente nuovo che era necessario verificarne la fattibilità. Oggi LaserCube è in orbita attorno alla Terra, e ne siamo orgogliosi: è un esempio di talenti italiani che si uniscono per una missione unica nel panorama spaziale internazionale». —
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