Su senso civico e regole Nordest meglio dell’Italia
MESTRE. Esiste una ricchezza del Paese che non compare nelle statistiche ufficiali del Pil o negli indicatori che descrivono lo sviluppo: il capitale sociale. È quella ricchezza collettiva data dalla fiducia, dal senso di responsabilità verso gli altri e le istituzioni, dai comportamenti nei confronti dell’ambiente, della comunità, di ciò che appartiene alla collettività. Si è progressivamente posta attenzione a questa dimensione perché il capitale sociale costituisce una precondizione per lo sviluppo.
Fra le molte disomogeneità che caratterizzano l’Italia, sicuramente anche quella relativa al capitale sociale non fa eccezione. Rispetto delle regole, comportamenti civici, forme di solidarietà e mondi associativi sono diffusi in modo diversificato e con intensità diverse nel Paese. L’indagine di Community Media Research, in collaborazione con Questlab, ha provato a verificare in che misura un insieme di comportamenti che hanno ricadute sul piano della collettività sono considerate accettabili. Per marcare maggiormente la legittimazione sociale di taluni modi di agire, consideriamo qui quanti hanno espresso una totale inaccettabilità di quelli proposti.
La classifica che ne scaturisce vede, su tutti, svettare due condotte ritenute dalla quasi totalità assolutamente non accettate: gettare rifiuti nei luoghi pubblici (94,1%; in Italia 96,3%) e compiere atti vandalici come forma di protesta (91,8%; in Italia 91,6%). Sensibilità ambientale e rispetto delle proprietà (privata) costituiscono due dimensioni fondamentali nel definire il perimetro delle virtù civiche nordestine. In generale, gli abitanti del Friuli Venezia Giulia appaiono rifiutare maggiormente dei veneti e di trentini e alto atesini simili comportamenti. Tuttavia, va evidenziato come proprio fra quest’ultimi vi sia una maggiore tollerabilità verso azioni violente quali forma di protesta (80,0% in Trentino Alto Adige; Veneto 91,4%; Friuli Venezia Giulia 96,1%). Più staccate troviamo altre due azioni che paiono avere un grado maggiore di tollerabilità: fingere di essere ammalati per assentarsi dal lavoro (79,7%; in Italia 78,3%) e non pagare le tasse o cercare di pagarne meno del dovuto (72,2%; in Italia 72,3%). Per circa un quarto dei nordestini la dimensione dell’evasione (dal lavoro e dalle tasse) può avere una giustificazione. Con qualche differenza territoriale. I trentini e gli alto atesini paiono accettare maggiormente le assenze dal lavoro (65,0%), rispetto ai veneti (79,2%) e ai friulano-giuliani (85,7%). Viceversa, l’evasione fiscale è più rigettata da trentini e alto atesini (85,0%), piuttosto che dai friulano-giuliani (81,8%) e ancor meno dai veneti (69,6%). Appaiate, poi, troviamo un gruppo di azioni che vede ulteriormente allargarsi l’alone di plausibilità: denigrare l’avversario politico (58,6%; in Italia 53,2%), bloccare i lavori di interesse pubblico (49,6%; in Italia 52,0%), farsi raccomandare (51,0%; in Italia 51,3%). Sicuramente il clima politico surriscaldato che il Paese ha vissuto in questi anni e il peso di visioni particolaristiche influiscono nel rendere ragionevoli simili modi di agire. Cionondi meno, in generale i residenti in Trentino Alto Adige ritengono meno legittimate socialmente queste azioni, rispetto ai veneti e ai friulano-giuliani. Al punto che solo il 10,0% di trentini e alto atesini considera accettabile bloccare i lavori di interesse pubblico. Lo stesso (mal) funzionamento del mercato del lavoro nazionale, poi, induce a cercare forme di aiuto informali per ottenere un’occupazione. Infine, al fondo della classifica si colloca la forma di partecipazione politica per eccellenza: votare alle elezioni. Solo un terzo (32,8%; in Italia 34,8%) dei nordestini considera questo come un atto assolutamente dovuto al quale non è opportuno sottrarsi.
Per individuare un profilo del senso di “comunità civica” degli italiani si sono sommate le diverse risposte e individuati così 4 gruppi prevalenti. Il primo è costituito dai “civici rigorosi” (47,0%; in Italia 42,8%) ovvero da quanti hanno considerato tutte le opzioni proposte assolutamente inammissibili. I “rigorosi” sono più diffusi fra friulano-giuliani (53,3%) e veneti (50,9%), piuttosto che fra trentini e alto atesini (44,0%). Seguono i “civici accomodanti” (27,6%; in Italia 30,8%) ovvero coloro che ritengono talvolta ammissibili solo alcuni dei comportamenti elencati. Tale orientamento è particolarmente presente in Friuli Venezia Giulia, molto meno in Veneto (23,9%) e in Trentino Alto Adige (22,2%). Inoltre, abbiamo i “civici permissivi” (16,7%; in Italia 15,2%), ovvero chi ritiene legittimati almeno due fra le condotte ipotizzate. In questo caso, annoveriamo in misura maggiore trentini e alto atesini (33,3%), rispetto a veneti (17,0%) e a friulano-giuliani (4,1%). Infine, abbiamo gli “anomici” (8,7%; in Italia 11,2%): si tratta di chi avalla almeno la metà dei modi di agire proposti. Seppure con una quota marginale, veneti (8,2%) e friulano-giuliani (5,3%), ben più di trentini e alto atesini (0,1%) sono più esposti a questa tendenza.
In generale, questi esiti differenziano in modo sufficientemente netto gli orientamenti della popolazione. Un senso di “comunità civica” è più diffuso fra le donne, i più adulti (oltre i 50 anni), i non attivi sul mercato del lavoro e ha un basso livello di studio. Viceversa, un maggior grado di “permissività” e “anomia” è rinvenibile fra i maschi, le generazioni più giovani (fino a 34 anni), chi possiede un titolo di studio medio-alto. È opportuno rilevare come altri fattori siano discriminanti. In primo luogo, l’appartenenza geografica. I residenti del Nord (soprattutto a Nord Est) hanno un più spiccato senso civico rispetto a quanti vivono nel Centro-Sud. Tuttavia, in queste aree non mancano i “civici rigorosi” che sono in misura analoga a quelli del Nord. Piuttosto, a pesare è la quantità degli “anomici” che è più elevata della media. Infine, la dimensione della morale religiosa e dell’interesse verso la politica rappresentano, una volta di più, un sostrato fondamentale per coltivare le virtù civiche.
Daniele Marini
Università di Padova
Direttore scientifico CMR
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