Truffa Ue, parla Debellini "Vi racconto la mia verità"
Fondi per corsi di formazione fantasma, il capo carismatico di Cl si difende: "Dimostreremo la nostra innocenza". Sotto accusa il 'clima di veleni' sparso dai magistrati

PADOVA.
Due anni dopo, un po’ come il celebre disco di Francesco Guccini.
La prima conferenza stampa dopo la pubblicazione della notizia: indagato per la truffa sui corsi di formazione finanziati dall’Unione Europea. Ieri la replica, perché il pubblico ministero Vartan Giacomelli ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio. Graziano Debellini, 57 anni, imprenditore del turismo con Tivigest, consigliere di amministrazione di Solfin Edilizia Spa, è il leader carismatico del mondo cattolico che si riconosce in Comunione e liberazione e nella Compagnia delle Opere.
Due anni fa, era manifesto il fastidio per la violazione della privacy. Ieri, l’ex indagato che attende di sapere se sarà imputato ha esposto le sue ragioni in pubblico.
«Dopo aver avuto conferma dal mio avvocato Giorgio Fornasiero che il pm che segue l’inchiesta sui fondi europei ha chiesto il rinvio a giudizio per dieci persone, tra cui il sottoscritto, ho ritenuto importante fare alcune dichiarazioni». E’ seduto come il 7 luglio 2008 al centro della sala Rossini del Caffè Pedrocchi (proprietà dei padovani), con al suo fianco il legale di fiducia anche degli altri ciellini coinvolti nell’inchiesta.
Ieri niente telecamera «amica» con diretta dal sito Sussidiario.net. E nemmeno la ressa di cronisti, agenzie, emittenti. In sala, però, spicca Guglielmo Frezza direttore del settimanale diocesano La Difesa del Popolo che per ascoltare Debellini ha dovuto rinunciare alla celebrazione di San Gregorio Barbarigo con il vescovo Mattiazzo. Non manca un drappello di “fedelissimi” fra presidenti di cooperative, giovani e famiglie.
LA TRACCIA.
Due anni dopo, Debellini in giacca e polo inforca gli occhiali per seguire la traccia scritta. La voce non rispecchia il moto dell’anima: linearmente pacata, con al massimo un paio di accenni polemici. E’ la difesa dalle accuse, ma senza più contrattacchi clamorosi. «Seppur in attesa di una conferma da parte del Gip, ritengo fondamentale esprimere una chiara fiducia nella magistratura della nostra città. L’evoluzione stessa di quest’inchiesta, che dura da vari anni, dimostra equilibrio e saggezza. E voglio per ciò esplicitare la mia completa disponibilità nel rispettare la giustizia come qualsiasi cittadino, certo però di poter dimostrare la mia innocenza ed estraneità alle accuse, qualsiasi sia la sede stabilita. Su questo sarò più preciso appena sarà precisata l’accusa riguardante i corsi tenuti quasi dieci anni fa all’Istituto Bruni di cui ero presidente».
FORMAZIONE.
Debellini la descrive così: «Coloro che lavorano in questo campo svolgono un compito prezioso nella vita del nostro Paese e della nostra regione. Particolarmente importante in questo momento di crisi economica. Il mondo della formazione è molto complesso: basti pensare che è articolato in oltre 26 mila regole di funzionamento. Richiede un grande dispendio di sacrificio personale. I compensi hanno livelli fra i più bassi. Questa complessità non è estranea alle ragioni per cui molti Enti soffrano fino ad arrivare, come è accaduto di recente, anche a qualche clamoroso fallimento».
DIEFFE.
Nel merito dell’inchiesta: «La coop Dieffe è una delle realtà nella formazione più importanti nella nostra regione. E’ certamente quella che ho visto più da vicino, anche se lavoro nel settore del turismo. Ne sono stato anche consigliere di amministrazione. Ciò che mi ha colpito sono le centinaia di corsi, le migliaia di persone coinvolte. Con un’eccellenza nelle scuole professionali: 800 alunni con il 70% che proviene dal disagio, il 30% sono extracomunitari. Tutti trovano lavoro entro sei mesi dal termine del corso».
Debellini elenca le istituzioni che hanno collaborato ai corsi gestiti dalla coop Dieffe: «Le Province di Padova, Venezia e Treviso, i Comuni di Padova e Venezia, il carcere di Padova e quello della Giudecca a Venezia. E ancora l’associazione industriali, Confartigianato, Confesercenti, Asl 16, le Asl di Venezia e Lonigo, i Comuni di Rovigo e Valdobbiadene».
MASS MEDIA.
Inquadrato il contesto, ecco che emerge una valutazione sull’informazione: «Credo che occorra un grande rispetto, quello che va tributato a chiunque promuova lavoro ed educazione. Oserei dire che ci vorrebbe anche un po’ di sano orgoglio. Nella nostra terra il benessere è legato storicamente al grande sacrificio e alla passione di tante realtà produttive ed educative. Per ciò prima di parlare di consorterie della truffa o di corsi fantasma con marchi religiosi occorre innanzitutto una conoscenza maggiore di queste realtà e in secondo luogo un rispetto dei tempi della giustizia, prima di qualsiasi processo mediatico». Un concetto che Debellini sviscera fino in fondo: «Non si può denigrare e distruggere senza una seria verifica. Serve la cultura del rispetto, non del sospetto. Anche l’eventualità di un rinvio a giudizio dev’essere concepita nel rispetto della dignità della persona previsto dalla nostra Costituzione, non accompagnata da una gogna mediatica».
WHY NOT.
E si arriva alla digressione polemica. Aggiusta il microfono, scruta l’uditorio, dosa la «piccola ma importante nota storica», evidenzia un solo nome. «Quest’inchiesta era nata in un clima di grave sospetto. In Calabria, De Magistris apriva la presunta grande inchiesta Why Not, in seguito alla quale cadde il governo Prodi. Oggi, dopo il processo, rimane per il principale imputato una condanna per abuso d’ufficio e l’incriminazione di alcuni dei principali accusatori. Ma, purtroppo, ciò non fa notizia. Si era parlato all’epoca di una Why Not veneta. Il signor De Magistris almeno due volte è venuto a pontificare. Peccato che a smentirlo, qui a Padova, sia stato il segretario provinciale del suo partito. Quel clima di veleni aveva investito le nostre città e aveva enfatizzato accuse e sospetti: era diventato problematico perfino partecipare ad un corso su Sant’Agostino o andare in pellegrinaggio in Terrasanta. Adesso mi pare che si respiri un’altra aria. C’è finalmente da rispondere su fatti precisi e non più teoremi fantasiosi. Per questo parlo di fiducia verso la magistratura della nostra città».
CONCLUSIONE.
Debellini si avvia a concludere. Lascia le puntualizzazioni legali all’avvocato di fiducia. Tuttavia, rivendica di nuovo il rispetto per l’impresa sociale e il business. «E’ grave continuare ad appiccicare sigle e appartenenze, anche ecclesiali, come fossero una mafia e non una ricchezza per la società. Sommare fatturati e numeri senza mai parlare del bene fatto per l’occupazione e l’educazione di tante persone. Le associazioni non sono holding: sono strumenti di rapporto, relazione, solidarietà».
Alla fine, parla di se stesso con un auspicio chiaro. «Per me, presidente del gruppo turistico Tivigest, l’iscrizione alla Compagnia delle Opere con 350 euro all’anno è un fatto importante, perché mi sostiene con contenuti e momenti formativi nel difficile compito di fare l’imprenditore. Sono anche iscritto a Confindustria. E anche questo rappresenta un aiuto, per quel che riguarda la legislazione e altri servizi. Poi la domenica vado a messa al Santo: non so se anche qui c’è qualcosa dietro da scoprire. Io però sento davvero un grande bisogno di recuperare una sana laicità, una sana sobrietà e una valorizzazione più grande di tutto il bene che ancora si verifica nella nostra città».
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