Un miliardo di danni, Zaia: Veneto ferito ma argini e bacini hanno retto l’assalto

VENEZIA.
Forse il peggio è passato ma l’allerta resta elevata e la furia del maltempo lascia strascichi dolorosi. Il colmo della piena a Ponte di Piave ha “pompato” nel fiume 2500 metri cubi al secondo; l’Adige a Verona si è “fermato” a 1900; a Venezia l’acqua alta ha raggiunto i 156 centimetri; nell’Agordino le precipitazioni hanno sfiorato i 700 millilitri con un corollario di tempeste e trombe d’aria: «Valori impressionanti che superano le rilevazioni del 1966 e non trovano precedenti nell’ultimo secolo», commenta l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, reduce da un sopralluogo in elicottero lungo le zone più flagellate in compagnia del direttore nazionale della Protezione civile, Angelo Borrelli, giunto d’urgenza in Veneto.
Dal cielo, le cifre asettiche assumono i contorni di un paesaggio martoriato: fango e macerie, sfollati e strade bloccate, tralicci e auto travolte dagli alberi, soccorsi che faticano a raggiungere i paesini di montagna isolati. «La nostra terra è in ginocchio, i danni sono ingenti, nell’ordine di diverse centinaia di milioni», afferma il governatore Luca Zaia «una stima precisa oggi è impossibile, siamo ancora in emergenza ma ricordo che nel 2010 l’impatto dell’alluvione fu quantificato in un miliardo e il quadro non era peggiore dell’attuale». In proposito, alla luce dello stato di calamità esteso all’intera regione, la raccomandazione rivolta ai cittadini e ai sindaci è quella di «raccogliere materiale fotografico e video prima di sgomberare e pulire, consegnando il materiale ai comuni. È fondamentale per il dossier che sarà accluso alle richieste di risarcimento».
Ma se il Bellunese paga il tributo più pesante – due vittime, svariati feriti, distruzioni diffuse – altrove le città sono rimaste incolumi e le campagne hanno in gran parte evitato l’inondazione: «L’esperienza ci è servita, nel 2010 gli sfondamenti arginali furono 32, con esiti devastanti; stavolta tutti gli argini hanno retto grazie ai lavori di consolidamento eseguiti: abbiamo speso 411 milioni senza tagliare nastri ma queste opere hanno salvato vite umane». L’allusione corre al rafforzamento degli argini dei principali corsi fluviali, “blindati” con travi d’acciaio imbottite di calcestruzzo. E i bacini di laminazione, ultima carta in caso di piena estrema? Dei tre completati – Caldogno, Colombaretta, Trissino – solo l’ultimo è stato attivato mentre si è rivelata decisiva la “galleria” aperta da Trento nel lago di Garda e lo svuotamento preventivo dei serbatoi montani. Una manovra efficace, agevolata dai modelli previsionali e dagli algoritmi messi a punto dai tecnici del Centro funzionale di Marghera.
Il Veneto non è stato lasciato solo: lo testimoniano le colonne mobili di volontari giunte da Piemonte Lombardia, Emilia-Romagna e Marche; l’intervento immediato dei militari del Genio; la mobilitazione delle penne nere dell’Ana. Oltre 2 mila gli uomini in campo. «Mai avrei pensato che, dopo aver inviato soccorsi in ogni parte d’Italia colpita da calamità, avremmo dovuto chiedere aiuto ad altre regioni», ammette Zaia; che resta in costante contatto con il ministro degli Interni («Matteo Salvini mi ha chiesto informazioni dettagliate sull’evolversi della situazione»), difende la scelta di chiudere scuole e università – «I bastian contrari ignorano qual fosse la dimensione reale del pericolo» – e annuncia un esposto alla magistratura contro i diffusori di fakes. .
«Denunceremo gli ignoti che hanno seminato allarmismi ingiustificati sul web», le parole del governatore «finché si tratta di giochi da ragazzi, passi. Ma c’è un limite a tutto e serve rispetto per le persone che sono morte, per i loro affetti e per quanti in queste ore stanno lavorando duramente». –
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