Un solo fendente per decapitare In cella figlio del morto e compagna

Mentre il diciassettenne colpiva il genitore con un machete la donna impediva ai familiari d’intervenire

ROVIGO

Un fendente all’altezza della clavicola, quasi a volerlo decapitare. A colpirlo, con un machete, il figlio diciassettenne. E la fidanzata di quest’ultimo – 26 anni – nel frattempo impegnata a tenere a bada i famigliari con un machete, gemello all’arma del delitto. «Guai a chi interviene», pareva quasi pronunciare quell’arma posta a vigilanza della mattanza. Teatro dell’orrore, giovedì sera, è stato il “campo nomadi” di Sant’Apollinare: lo chiamano così nella frazione di Rovigo, nonostante quel campo sia semplicemente un gruppo di poche rouolotte in cui vive praticamente un unico gruppo famigliare.

Giovedì, alle 19.30, Edis Cavazza – il capofamiglia, 45 anni, nativo di Medicina (Bologna) – era da poco arrivato nel campo. L’aggressione di cui è stato ben presto protagonista sarebbe stata premeditata. Ne è convinto il personale della Squadra Mobile, guidata dal commissario capo Gianluca Gentiluomo (coordinata in quelle ore dal pm Maria Giulia Rizzo). Tre i protagonisti della vicenda. Il padre 45enne, il figlio di 17 anni e la compagna del giovane, la 26enne Annalisa Guarnieri, convivente in una delle roulotte del “campo”.

A colpire – in base alle attuali ipotesi – sarebbe stato solo il 17enne, ma anche la compagna avrebbe avuto un ruolo nella vicenda: avrebbe procurato l’arma, avrebbe rafforzato “l’intento criminoso” del fidanzato e, infine, avrebbe evitato l’intervento dei familiari in soccorso della vittima. Cavazza è morto pochi attimi dopo l’unico fendente ricevuto, nel tentativo di raggiungere un’abitazione per chiedere soccorso. È crollato praticamente in strada.

Il movente del delitto? Rancori e dissapori di famiglia, peraltro ben noti: tra padre e figlio i rapporti erano pessimi da tempo. La famiglia era peraltro seguita di Servizi sociali del Comune di Rovigo. Si indaga, ora, oltre che per ricomporre completamente il quadro, anche per trovare l’arma del delitto. Uno dei due machete è stato ritrovato in una roulotte, ma non sarebbe quello utilizzato per sferrare il fendente mortale. L’arma che ha ucciso pare sia stata gettata sugli argini del Canalbianco, durante la fuga: killer e compagna, infatti, sono stati bloccati alle 22. 30 nella vicina Ceregnano, dove si erano rifugiati a casa del padre della giovane donna. Ora, si apre il fronte giudiziario della vicenda. I due fermi dovranno essere convalidati. A procedere sono due distinte procure, dal momento che uno dei due indagati è minorenne. —





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