Un team padovano scopre le molecole salva-muscolo
PADOVA. Ci avevano visto giusto. Ma, per anni, avevano “sparato” ad alzo zero sul bersaglio sbagliato. Ora, una ricerca targata Istituto Veneto di Medicina Molecolare e Università di Padova ha risolto il rompicapo-miostatina, l’ormone che regola la crescita dei muscoli. Lo studio, coordinato dal team di Marco Sandri e finanziato da Telethon, apre una nuova strada verso la realizzazione di farmaci capaci di ricostruire i tessuti muscolari distrutti da malattie degenerative che non perdonano, dalla distrofia all’atrofia muscolare. Per sedici anni eserciti di ricercatori hanno colpito la miostatina “in persona”, sulla base di quanto osservato sulle mucche: alcuni animali presentavano un’ipertrofia muscolare, provocata da un errore nel gene che codifica miostatina. Ecco il teorema: per permettere ai muscoli umani di crescere sarebbe stato sufficiente inibire quell’ormone. Bloccato il regolatore, i tessuti si sarebbero rigenerati. Anni di esperimenti, farmaci di ogni tipo, ma troppi effetti collaterali. «È facile immaginare come la miostatina abbia catalizzato l’interesse non solo degli scienziati, ma anche di diverse aziende, che ne hanno visto un’applicazione terapeutica. Ma le cose non sono state così semplici come si immaginava», spiega Sandri. I risultati sono stati piuttosto deludenti: in tutti i casi il trattamento è risultato tossico e gli studi sono stati interrotti prima del previsto. «Questo perché c’è stata troppa fretta di utilizzare la miostatina in ambito clinico, prima di conoscerne dettagliatamente la via metabolica a valle» continua il ricercatore padovano. I ricercatori Telethon si sono messi al lavoro e hanno individuato un nuovo gruppo di proteine, coinvolte nell’azione della miostatina, chiamate Bone Morphogenetic Proteins, i veri “registi” in grado di regolare la crescita muscolare: «Queste proteine rappresentano dei bersagli molecolari molto più adatti e interessanti per future terapie “salva muscoli”, da impiegare nel caso di malattie neuromuscolari di origine genetica», sottolinea la ricercatrice Roberta Sartori. «Questo studio», conclude Sandri, «ribadisce ancora una volta l’importanza della ricerca di base: senza una conoscenza profonda dei meccanismi molecolari sottostanti a una malattia è difficile trovare la strada giusta».
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