Variante indiana in Veneto, virologi in allarme: non se ne conosce l'aggressività

Gli infettati sono padre e figlia di origine asiatica, rientravano dalla madrepatria, sono in isolamento a Bassano. Altri due casi sospetti nel Veneziano.

VENEZIA. La variante indiana del Covid debutta in Veneto. «I primi due pazienti sono padre e figlia di nazionalità indiana, abitano a Bassano, dopo un viaggio in patria hanno segnalato il ritorno all’Ulss Pedemontana e si sono posti spontaneamente in isolamento fiduciario a domicilio,

insieme agli altri familiari. I loro tamponi sono stati inviati all’Istituto Zooproofilattico delle Venezie e stamani la direttrice, Antonia Ricci, mi ha confermato l’avvenuta sequenziazione genetica». Luca Zaia, nel corso del briefing quotidiano, delinea così la dinamica dell’infezione, precisando che la coppia contagiata manifesta sintomi lievi, tali da non richiedere un ricovero.

La notizia diffusa dal governatore

Il loro rientro risale a metà aprile, precedente, cioè, all’ordinanza del ministro della Salute che vieta l’ingresso in Italia a chi nelle ultime due settimane ha soggiornato nell’India devastata dai focolai epidemici, stabilendo tamponi in partenza ed arrivo, nonché quarantena obbligatoria, per quanti già si trovino nel nostro Paese.

Covid, variante indiana scoperta in Veneto: «Vaccini meno efficaci davanti alle mutazioni del virus»
Antonia Ricci

Non è tutto: «Altre due persone sono sotto osservazione, potrebbero essere state infette dalla stessa variante». Sarebbero due italiani residenti nel Veneziano, in contatto con bengalesi.

«Ho voluto comunicare in tempo reale la notizia per evitare fantasie ansiogene: stiamo gestendo la situazione senza allarmismi. Nel mondo le varianti ormai sono tantissime, e prima o poi arrivano tutte. Quella inglese si è rivelata più aggressiva e dominante, due sembrano esclusive del territorio veneto, prima o poi arriverà anche la sudafricana. Affrontiamo giorno dopo giorno questi aspetti, e andiamo avanti con il tracciamento e la campagna vaccinale, i più efficaci strumenti disponibili».

I commenti di Pregliasco e Crisanti

La circostanza desta allarme nella comunità scientifica. «Questa variante indiana ci piace poco perché ha due mutazioni nella proteina Spike, che ne rendono più facile l’inserimento nell’organismo», commenta Fabrizio Pregliasco, virologo della Statale di Milano « bisognerà capire se e quanto è più contagiosa rispetto al virus originale, come sembra; e poi chiarire se sfugge ai vaccini: da uno studio israeliano sembrerebbe che Pfizer protegga, almeno in parte».

«Se è stata individuata in Veneto allora è arrivata anche in altre parti d’Italia, perché il nostro sistema di controllo ha sensibilità bassissima mentre questa variante ha un’elevata trasmissibilità ed è caratterizzata da mutazioni che le permettono di sfuggire ai vaccini», rincara Andrea Crisanti, direttore di microbiologia a Padova.

Voli, triangolazioni e tracciamento

Secondo lo studioso, «è altamente probabile» che il boom di casi esplosi in India sia collegato alla variante e l’Italia rischia molto. «Avremmo dovuto creare una rete di salvaguardia contro alcune varianti - brasiliana, sudafricana e indiana - che non possiamo permetterci di contrarre. Bloccare i voli non basta, dovremmo stoppare qualsiasi possibile triangolazione e implementare la quarantena vigilata, ebbene, non solo manca tutto ciò ma il nostro sistema di tracciamento è saltato da tempo». —


 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova