Veneto Banca, ci sono 16 nuovi indagati

La Procura di Roma proroga le indagini e accende un faro sui fidi a società senza merito creditizio o in conflitto d’interesse

TREVISO. La Procura di Roma ha acceso un potente faro su alcune società e fondi di investimento che hanno effettuato operazioni tra Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Ci sono sedici nuovi indagati nell’inchiesta che riguarda Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato dell’istituto di Montebelluna, che è stato interrogato venerdì per quasi sette ore. I pubblici ministeri Stefano Pesci e Bianca Guglielmi, che nei prossimi giorni interrogheranno nuovamente il manager, hanno infatti chiesto una proroga dell’inchiesta. Nel registro degli indagati sono finiti i nomi di manager, amministratori di società e funzionari della banca, accusati di aver contribuito a svuotare le casse di Veneto Banca attraverso operazioni senza garanzia accusati di false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza e, in alcuni casi, anche associazione a delinquere.

Tra questi anche manager di vertice di società come “Methorios”, “Soft Strategy” e del fondo “Optimum” tutte molto attive a Nordest tra Vicenza e Montebelluna: tra questi l’attuale presidente e amministratore delegato di Methorius Paolo Cacciari e poi Fabio Palumbo, Ernesto Mocci, Girolamo Stabile, Andrea Suriano, Antonio Marchese, Guido Venturini Del Greco, Mauro Petrini, Rodolfo Mostardi, Simone Manfredi. Si tratta di nomi che hanno incrociato anche le verifiche su altre banche come Popolare di Vicenza e Banca Etruria, visto che Methorios, di cui ha una partecipazione anche l’ex candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini, ha ricevuto numerosi finanziamenti.

I pm di Roma sospettano che queste società siano state disponibili a compiere le cosiddette operazioni «baciate» che hanno consentito a Veneto Banca di erogare fondi ad alcuni clienti importanti, con la garanzia che avrebbero poi acquistato azioni ma anche quote di obbligazioni subordinate in modo che la banca fosse sollevata dall’onere di detrarne il controvalore dal patrimonio di vigilanza, come prescritto dalla Banca d’Italia.

Il meccanismo individuato dai magistrati per Veneto Banca è lo stesso già emerso nell’inchiesta sulla Popolare di Vicenza che, secondo gli inquirenti, ai grandi soci concedeva finanziamenti anche in conflitto di interessi o rischiando di non vederli tornare indietro. Il credito arrivava pure tramite tre fondi lussemburghesi (due facenti capo proprio al fondo Optimum) in cui la Banca di Vicenza aveva investito ben 350 milioni. I tre fondi compravano titoli Bpvi e finanziavano indirettamente i clienti azionisti sottoscrivendo i bond emessi dalle loro società. Gli ispettori della Banca d’Italia, a riguardo, avevano scritto: «Quasi tutti gli investimenti sono stati fatti in chiaro conflitto di interessi (tra tutte le parti coinvolte tra cui Methorios)». E subito dopo aggiungono: «C'è stato un incremento significativo dell'esposizione della banca verso un certo gruppo di clienti con un basso merito di credito ».

Anche in Veneto Banca le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza negli ultimi mesi hanno consentito di scoprire la concessione di fidi a soggetti in difficoltà economiche, e quindi non in grado di restituire le somme ricevute, senza un’adeguata verifica della capacità di rimborso da parte dei clienti, all’insegna di un diffuso e sostanziale disinteresse del merito creditizio.

Giorgio Barbieri

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