Veneto Banca, indagati quattro dipendenti
TREVISO. È la Procura di Verona a rompere gli indugi e a indagare, per la prima volta, quattro dipendenti di Veneto Banca (due dirigenti di filiale e due funzionari) per il reato di truffa contrattuale. Nelle scorse settimane il giudice Luciano Gorra aveva ordinato la loro imputazione coatta dopo aver respinto per la seconda volta la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura, perché non c’era alcuna confutazione degli argomenti «circa la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di truffa contrattuale». E ora la Procura di Verona ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il loro rinvio a giudizio per il reato di truffa aggravata in concorso.
L’indagine è nata dalla denuncia presentata da un’ex azionista di Veneto Banca, rappresentata dall’avvocato Davide Adami, che non era riuscita a farsi restituire il 90 per cento del suo capitale investito. La vicenda ha inizio nel 2008 quando in marzo Gabriele Erseni, funzionario della filiale di Veneto Banca in borgo Venezia a Verona, indusse, come si legge nell’avviso di chiusura indagini, la donna «a sottoscrivere l’investimento dei suoi risparmi in azioni ed obbligazioni della suddetta banca per l’importo di circa 80.000 euro, senza fornirle adeguate informazioni sulla natura e sui rischi dell’investimento ed anzi rassicurandola circa l’assoluta sicurezza dell’investimento operato». Successivamente, nel 2014, Franco Montini, direttore della stessa filiale, e Alessandro Fasoli, diretto superiore diMontini, rassicurarono la signora «che a breve avrebbero dato seguito alla sua richiesta di disinvestimento, senza comunicarle la necessità di presentare una richiesta scritta e quindi non dando esito a detta richiesta». E lei, che voleva comprare una casa in Liguria dove trascorrere i mesi più freddi, non riuscì a riavere i risparmi. Nei mesi successivi un altro funzionario della filiale, Roberto Girardi, «invece di adoperarsi per eseguire il disinvestimento le propose di sottoscrivere un mutuo per il medesimo importo per procurarsi la liquidità necessaria». I quattro, conclude quindi la Procura, inducevano la donna «in errore e così procuravano un ingiusto profitto all’istituto bancario, con corrispondente danno ingente (70.000 euro) della parte offesa che perdeva oltre il 90 per cento del capitale investito». Ora le difese dei quattro dipendenti di Veneto Banca hanno tempo venti giorni per presentare delle memorie.
L’inchiesta di Verona può dunque funzionare da apripista per l’indagine di Treviso, dove il pm Massimo De Bortoli procede per truffa, falso in revisione, falso in prospetto e falso in bilancio in attesa che da Roma arrivino le carte dell’inchiesta madre contro gli ex vertici e in attesa che la sezione fallimentare decida sulla richiesta dello stato di insolvenza presentata dalla Procura. «La mia cliente aveva affidato il suo patrimonio personale e ora non ha più niente», ha detto l’avvocato Adami. Proprio come le decine di migliaia di ex azionisti trevigiani e veneti che sperano di avere giustizia.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova