Veneto Banca, sei verso il processo «Fu un’associazione a delinquere»

Truffa quantificata in 107 milioni, sotto accusa Consoli e altri cinque dirigenti La Procura di Treviso: «Hanno indotto in errore i dipendenti dell’istituto»



Una truffa da oltre cento milioni di euro con oltre duemiladuecento vittime. È quella che secondo la Procura di Treviso è stata realizzata dai vertici di Veneto Banca tra il 2012 e il 2015 ai danni dei risparmiatori che in quegli anni decisero di investire in azioni dell’ex popolare di Montebelluna poi finita in liquidazione. Gli indagati, a cui vengono contestati i reati di associazione a delinquere e truffa, sono in tutto sei tra cui l’ex amministratore delegato e direttore generale Vincenzo Consoli. A tutti è stato notificato nei giorni scorsi l’avviso di chiusura indagine e ora gli indagati potranno chiedere di essere interrogati dai sostituti procuratori Massimo De Bortoli e Gabriella Cama che coordinano le indagini.

il sistema

Insieme a Consoli sono indagati in questo filone d’inchiesta i dirigenti Mosè Fagiani, all’epoca condirettore generale e responsabile area commerciale, Renato Merlo, responsabile della “Direzione centrale Pianificazione - Controllo”, Stefano Bertolo, prima responsabile della Direzione centrale Amministrazione e successivamente dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, Massimo Lembo, responsabile della Direzione centrale “Compliance”, e Cataldo Piccarreta, direttore area “Mercato Italia”. Secondo la Procura i sei avrebbero messo in piedi «una associazione per delinquere finalizzata alla commissione, mediante induzione in errore del personale dipendente di Veneto Banca, Banca Apulia e altre società del gruppo, di una serie indeterminata di truffe aggravate concernenti la vendita, a condizioni inique, di titoli azionari e obbligazionari... avvalendosi della struttura organizzativa delle società che veniva di fatto asservita alle finalità illecite perseguite dagli aderenti al sodalizio criminoso». In particolare Consoli viene descritto come «promotore e capo dell’associazione per delinquere», mentre gli altri «agivano quali organizzatori in funzione delle funzioni apicali rivestite all’interno dell’istituto bancario».

le accuse

La Procura contesta agli indagati oltre 2.200 episodi per un danno complessivo di oltre 107 milioni di euro. Secondo i magistrati i sei avevano in sostanza raggirato il consiglio di amministrazione e l’assemblea dei soci convincendoli a mantenere alto il valore delle azioni «sulla base di pianificazioni aziendali non disciplinati da alcuna regolamentazione interna e completamente accentrate nelle strutture di vertice, sulla base di dati di bilancio e previsionali non corrispondenti alla realtà, eccessivamente ottimistici, irragionevoli e inattendibili». Non solo. Hanno occultato «ai consiglieri di amministrazione e ai soci la reale situazione patrimoniale e finanziaria della società, approfittando della insufficiente attività di controllo del collegio dei sindaci e dalla società incaricata della revisione dei bilanci». Dalle indagini emerge poi come i dipendenti siano stati indotti in errore perché inconsapevoli del reale valore delle azioni, tenuto alto dai vertici dell’istituto. Secondo la Procura Consoli e gli altri hanno fornito «reiteratamente e pubblicamente false rassicurazioni alle direzioni territoriali della banca, ai gestori della rete “private”, ai direttori ed impiegati delle filiali, anche nel corso delle periodiche riunioni plenarie con il personale, presiedute da Consoli e Fagiani, ovvero di incontri conviviali, circa il valore e la solidità finanziaria dei titoli emessi dallo stesso istituto di credito, tacendo che il valore dell’azione così come determinato, era in realtà ampiamente sopravvalutato (almeno del 40% circa)».

la prescrizione

Per la Procura il reato di truffa si consuma alla data della messa in liquidazione della banca il 25 giugno 2017, ossia quando «si verifica irreversibilmente il definitivo danno per le persone offese, con la messa in liquidazione della società e l’azzeramento del valore delle azioni». Una decisione che sposta i termini della prescrizione. E a questo punto si fa sempre più probabile la richiesta di archiviazione per chi era finito indagato nella parallela inchiesta di Potenza, tra cui Fabio Cerchiai e Alessandro Gallina. Mentre Franco Antiga non ha fatto a tempo ad avere questa soddisfazione: è mancato ieri, come si riporta nel servizio a lato.—



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