Verso Monet, capolavori in mostra a Verona

VERONA. Dai maestri olandesi del '600 passando per i grandi vedutisti veneziani (Canaletto, Guardi, Bellotto) fino all’800 romantico (con Turner e Friedrich) e alla rivoluzione degli impressionisti e posti-impressionisti, tra cui Sisley, Pissarro, Renoir, Cezanne, Gauguin, Van Gogh, con una sezione di oltre 20 opere dedicata al genio di Claude Monet: la pittura di paesaggio è in mostra dal 26 ottobre al 9 febbraio alla Gran Guardia di Verona. Esposti 105 capolavori tra dipinti e disegni (una decina), prestiti eccezionali delle maggiori collezioni pubbliche e private internazionali. Presentata mercoledì 24 ottobre alla stampa, l'importante rassegna si intitola “Verso Monet”. Storia del Paesaggio tra Seicento e Novecento ed è l'ultima fatica di Marco Goldin, patron di Linea d'ombra, che l'ha prodotta e curata nell'ambito del progetto che vede alternarsi le sue esposizioni nelle sedi di Vicenza e Verona.
Questa sul paesaggio, dice il curatore, ha richiesto un impegno di almeno due anni e un grande lavoro di sintesi per riuscire a raccontare attraverso opere capitali l'evoluzione del genere forse più amato in pittura. «C'è un filo rosso che sottende tutto il percorso espositivo - spiega Goldin - ed è quel concetto di vero e falso, di artificio e realtà, nodo centrale dell'espressione artistica», che attraversa le epoche, i generi, le scuole, in continui rimandi e suggestioni. E che trova proprio nel paesaggio la possibilità di essere ampiamente raccontato, tanto che Goldin ha trasformato il catalogo della mostra in una sua sviscerata e sentita indagine sul tema.
Si parte dal XVII secolo, quando si fa più evidente «il processo che vede la natura abbandonare il suo ruolo di mera scenografia - sottolinea - e le figure retrocedono ormai sullo sfondo, mentre il paesaggio assume una connotazione autonoma». Però, nei bellissimi dipinti di Lorain e Poussin, ma anche di Carracci e di Domenichino, c'è ancora bisogno di una storia da raccontare, possibilmente di ordine mitologico. Solo con i maestri olandesi, nei meravigliosi disegni di Rembrandt o nelle tele di Jacob van Ruisdael, che introduce la veduta panoramica, spazio e luce la fanno da padroni, alla ricerca del vero naturale.
La dialettica tra reale e artificio torna invece nel '700, negli imponenti capolavori di Canaletto, di cui, tra gli altri, è allestito “L'isola di San Giorgio Maggiore vista dal Bacino di San Marco” (da Boston), che ispirerà Monet (anche questo in mostra). Una vera e propria «amplificazione della realtà», la quale viene via via adattata alle esigenze dell'immaginazione.
Anche l’800 fa i conti con la rappresentazione del vero, a partire dal versante romantico con i rarefatti dipinti di Turner che fanno da ala allo splendido “Mare al chiaro di luna di Friedrich”, «l'opera più difficile - spiega Goldin - da ottenere in prestito». È invece il realismo a trionfare nell'opera dei maestri americani, scandinavi, dell'Europa dell'Est, ampiamente e puntualmente rappresentati nel percorso espositivo. Che procede a balzi verso la modernità con una straordinaria selezione di opere impressioniste. Entra il colore nuovo nei dipinti di Pissarro, di Renoir, di Sisley, entra la luce che nel movimento francese assume un ruolo più importante del paesaggio stesso, mentre il plein en air, in tutte le sue declinazioni (la Senna, le barche, i momenti di vita quotidiana), diventa un credo per quella generazione di artisti. E Monet ne sarà il rappresentante più devoto, almeno negli anni '60 e '70 dell’800.
Ben presto, infatti, «l'autenticità ricercata dentro la natura viene a cadere - dice Goldin - e con essa si dissolve il dogma del plein en air». Il dipinto concepito di fronte a una scena naturale è infatti terminato nel chiuso dell'atelier, reintroducendo il tema del falso in natura, come dimostrano i quadri di Cezanne e Gauguin. «Il paesaggio diventa interiore», prosegue Goldin davanti ai sette incredibili dipinti di van Gogh allestiti alla Gran Guardia, caratterizzati dall'antinaturalismo cromatico che è la sua cifra: il cielo è di un giallo malato nel “Sottobosco”, negli Uliveti, i tronchi sono blu e il fogliame è un giada bruciante.
La rassegna - che ha Unicredit come sponsor unico - si conclude con un'ampia sezione dedicata al genio di Monet, «una mostra nella mostra», chiosa Goldin, che è riuscito a portare a Verona più di 20 capolavori del maestro francese. Da “La foresta di Fontainebleau” del 1865 al “Salice piangente” del 1918, tutte le varie fasi della sua produzione vengono riproposte al visitatore. «Questo perché Monet riassume nella sua opera 300 anni di pittura di paesaggio -conclude Goldin - riparte, svecchiandola, dalla natura di Corot per arrivare alla dissoluzione completa del dato fisico contenuta nella serie delle ninfee».
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