Il tiktoker Massimo Barco: «Non date quel telefono ai bimbi»

Il venticinquenne di Camposampiero è uno degli influencer scelti dalla Regione Veneto. I suoi video comici sono virali: «Ironizzo sulle famiglie. I genitori di oggi dovrebbero avere equilibrio»

Leandro Barsotti
Il tiktoker Massimo Barco
Il tiktoker Massimo Barco

Tre anni fa ha cominciato a fare i primi video sul social TikTok: storielle goliardiche in dialetto con tre protagonisti, tutti interpretati da lui: mamma, papà e figlio. In pochi mesi Massimo Barco, di Camposampiero, oggi 25 anni, è diventato popolare. Ha aperto un’agenzia ed tra gli influencer scelti dalla Regione Veneto.

Come ti è venuta l’idea della famiglia veneta?

«Avevo notato che su TikTok mancavano storielle in dialetto, racconti divertenti di famiglie. Li ho fatti in dialetto perché io lo parlo abitualmente. Mi è venuto naturale».

Successo immediato?

«Quasi. Ma io non sono il tipo che si ferma, voglio sperimentare, altrimenti mi annoio. Così ho iniziato a fare video di altro genere, spiegando i lavori degli artigiani per esempio, o la vita del macellaio, quella del meccanico. E hanno cominciato a chiamarmi per consigli, per promuovere i video, e così ho messo in piedi una società di comunicazione. Ma per farlo diventare un vero lavoro ci ho messo un po’».

L'influencer di Camposampiero Massimo Barco e l'evoluzione della sua comica family sui social

Quando il successo dei video è diventato grande, hai mai sofferto per commenti negativi o magari insulti?

«Mi davano a volte del pagliaccio. Ma ho una personalità che non me la prendo. Spesso ti insultano persone insignificanti. Però ho imparato a tirare le orecchie a chi esagera, anche denunciando. Una volta un tizio mi ha minacciato, e io mi sono rivolto ai carabinieri. Una persona non deve sentirsi libera di sfogare la frustrazione su chi non conosce».

Quando hai capito che la tua vita stava cambiando grazie a TikTok?

«Ero a Jesolo. Non mi piace esagerare, ma facevo milioni di visualizzazioni al giorno in quel periodo. Vado a prendermi un gelato, 200 metri in spiaggia, e ci ho messo un'ora perché mi fermavano tutti: foto, complimenti, battute. Lì ho detto "qualcosa è cambiato"».

E adesso succede ancora?

«Tanta gente sa chi sono. Però non essendo più una "novità", mi lasciano tranquillo».

Parliamo dell'evoluzione dei tuoi personaggi. Nei video recenti cerchi di dare più messaggi sociali, magari facendo ridere un po’ meno. Perché questa scelta?

«Ho fatto questo passaggio per mostrare l'estremizzazione: quella di un tempo e quella di oggi. Faccio un esempio: un tempo perdevi il bus per andare a scuola, ti prendevi una sberla perché ti eri svegliato tardi e dovevi andarci a piedi. Oggi la mamma ti dice “poverino sei stanco, non preoccuparti dormi pure poi ti porto io in auto”. Voglio dire che sono estremizzazioni, e che ci vorrebbe più equilibrio oggi, come ci sarebbe voluto allora».

E’ importante per te raccontare i genitori?

«Non parlo della mia famiglia, ma dei genitori in genere. Bisognerebbe essere un po' più morbidi rispetto a un tempo, ma nemmeno troppo morbidi. A un figlio non devi far trovare la pappa pronta, ma neanche farlo morire di fame».

Quest’anno hai fatto la prima tua esperienza nel cinema come protagonista del film “Brenta connection”. Come ti sei trovato?

«Era la prima volta con una mega videocamera in faccia. Sono abituato con il telefono. È stato bellissimo a livello umano. Ho imparato tante cose. L'espressività, il silenzio comico, la postura. Mi sono divertito».

Hai 25 anni, molta esperienza nel mondo video. Come ti vedi a trent’anni?

«Libero di fare i contenuti che voglio. Raccontare Massimo Barco com'è, com'è stato, cosa sta facendo. Senza l'ansia di fare video virali. C'è sempre il dualismo Personaggio/Persona. Il personaggio fa i numeri, la persona forse no. Se interpreto un personaggio so che faccio milioni di visualizzazioni, ma io non sono quel personaggio. Vorrei essere seguito per quel che sono nella vita».

Sei diventato noto per come racconti la famiglia. Ma una tua famiglia la vorresti?

«Sì, ma non è il momento».

Se avessi figli, saresti preoccupato del loro uso dei social sul cellulare?

«Secondo me un ragazzo, se gli viene dato il telefono alla giusta età, diventa sveglio. Però ai bambini, meglio di no. Gli togli l'infanzia. I bambini devono sporcarsi le mani. Coltivare la curiosità. I miei genitori e i miei nonni mi stimolavano nel gioco, è giusto così».

Chi era Massimo Barco prima dei video TikTok?

«Sono sempre stato uno di compagnia, mi piace far ridere, a volte anche fare il mona di turno... Però sono stato anche musicista e atleta».

Che cosa suonavi?

«Prima la chitarra, poi il violino con cui mi sono tolto qualche soddisfazione. Il problema è che a 13 anni non hai come primo pensiero studiare due ore al giorno il violino. Non mi sono detto "ora ti piace fare il violino, fallo, continua". L'ho abbandonato per fare l’atletica leggera».

Colpo di fulmine?

«Ero bravo nei lanci, peso e martello. Avevo 14-15 anni. Ho fatto un record regionale».

Ti viene tutto facile?

«Sì. Quando faccio qualcosa mi appassiono, ci lavoro e forse ci vedo il lato profondo. Però poi mi stanco e cambio».

Quindi stai pensando a qualcosa di nuovo?

«A settembre voglio fare la mia prima gara di Ironman. Mi alleno in bici, di corsa e a nuoto. L'altro giorno ho fatto 80 km in bici e dopo 10 km di corsa lentamente. Ero distrutto».

Ma non ti annoi a stare tante ore in bici o di corsa?

«No, ascolto i podcast che parlano di storia».

Un sogno ce l’hai?

«Voglio solo che la gente attorno a me stia bene. Questo è il mio sogno».

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