Il Baskin Padova è in compagnia di Petrarca, Este Noventa e Roncaglia

Con la ripresa dei campionati si è rimessa in moto la grande macchina del baskin padovano. Questo sport di squadra che trae origine dalla pallacanestro e che coinvolge persone con disabilità – sia fisiche che motorie – e atleti maschi e femmine normodotati è un fenomeno in grande espansione non solo a Padova ma in tutta Italia.
«Quest’anno le squadre senior in Veneto da 11 sono diventate 17 con anche la presenza di altre dieci sperimentali», spiega Massimo Caiolo, responsabile di Baskin Padova. «Nella nostra provincia oltre a noi ci sono realtà come Petrarca, Noventa, Roncaglia ed Este. Rispetto al basket vengono aggiunte regole che permettono di includere la componente dei disabili, un’inclusione che avviene non in maniera assistenziale, ma in modo attivo se non determinante per vincere la partita in molti casi».
Il campo dispone infatti di sei canestri riservati ognuno per ogni “categoria” di giocatore e in campo ci sono sei giocatori che devono essere misti tra sesso e livelli di abilità e comprendere sia giocatori disabili che persone normodotate. «Ogni giocatore, seppur in un’ottica sempre di squadra, affronta solo l’avversario di pari livello senza creare accoppiamenti squilibrati, si tratta di una rivoluzione culturale con il messaggio che le diversità sono opportunità e le ricadute a livello sociale per i ragazzi disabili sono positive».
E scorrendo la lista dei componenti del Baskin Padova, che la scorsa stagione si è laureato campione regionale accedendo anche alle finali nazionali di Cremona, c’è un cognome noto al basket padovano: quello di Francesca Rubini, figlia del coach dell’Antenore Energia Virtus Padova. «Grazie a mio padre respiro basket in pratica fin da quando ero nella culla», spiega Francesca. «Prima sono stata giocatrice poi ho smesso diventando allenatrice di minibasket, ma sentivo che qualcosa mi mancava: e quando ho provato il baskin me ne sono subito innamorata e ho tolto le scarpe dal chiodo tornando in attività. La tematica dell’inclusione mi interessa anche a livello lavorativo e questo sport arricchisce molto a livello umano, in più contiene molta strategia e questo aspetto, neanche a dirlo considerando a chi assomiglio, mi piace molto. E infatti se mi si immagina che entro di nascosto nell’ufficio di mio padre per spiargli le tattiche di gioco e poi utilizzarle in campo non si va neanche così lontani dalla realtà», scherza Francesca.
«Molti atleti normodotati che fanno parte delle nostre squadre baskin sono giocatori o giocatrici che in passato hanno anche disputato campionati minori e che ora per i vari impegni non riescono più a fare molti allenamenti. Ma nonostante questo le partite di baskin non sono semplici “esibizioni” ma dentro c’è una sana e vera competizione». —
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