Il mondo della Formula 1 piange Niki Lauda leggenda e campione che visse due volte

Il pilota austriaco (70 anni) si è spento in una clinica di Zurigo. Tre titoli mondiali, due con la Ferrari e uno con la McLaren
ANNI 90 GRAN PREMIO DI IMOLA NELLA FOTO NIKI LAUDA AI BOX FERRARI
ANNI 90 GRAN PREMIO DI IMOLA NELLA FOTO NIKI LAUDA AI BOX FERRARI

ZURIGO. Niki Lauda ha sfrecciato tra trionfi e tragedie in Ferrari, nel rogo di Nurburgring e nella drammatica giornata di Fuij dove cedette alla paura e lasciò il passo a James Hunt. Poi ha continuato a lottare, a vincere e a pungere la Rossa nella sua eterna sfida da amico-nemico del Drake, dell’Italia, di tutto il mondo, prima come pilota di aereo e imprenditore, poi come mentore dei nuovi successi Mercedes. Se n’è andato a 70 anni, in un clinica privata di Zurigo. Ad annunciare la morte del tre volte campione del mondo di F1 è stata la famiglia. Lo scorso agosto aveva subito un trapianto di polmone ed era ricoverato per problemi ai reni.

«Sei stato grande in pista e in vita», è il ricordo di Montezemolo, allora giovane direttore sportivo della Rossa. «Gli salvai la vita, mi ringraziò dopo trent’anni» , ricorda invece Arturo Merzario, mentre dal primo ministro austriaco a Ferrari e Mercedes è una lunga processione di messaggi di cordoglio.

Lauda è stato un campione dalle due vite. Una precedente allo schianto del Nurburgring nel 1976, quando era già campione del mondo con la Ferrari. In Germania rischiò la vita tra le fiamme che lo sfigurarono per sempre. Fu un pilota italiano, Merzario, ad estrarlo dai rottami prima che i fumi della benzina lo uccidessero, consegnandolo alla successiva esistenza. Nella quale Lauda non smise di vincere, diventando ancora iridato nel 1977 sempre con la Rossa. Dopo un breve ritiro giunse il terzo titolo, nel 1984, al volante della McLaren, mezzo punto avanti a un giovane Alain Prost. «Le due stagioni passate al suo fianco» ha detto il francese, «sono state le più belle della mia carriera».

Chi fosse Lauda, al di là delle sue prestazioni in pista, è scritto nella parola Nurburgring. Quello schianto avrebbe chiuso qualsiasi carriera. Lauda tornò in pista dopo 42 giorni, a Monza. «Ero lì in veste di commentatore» ha ricordato ieri Jackie Stewart, altro grande ex, a sua volta tre volte iridato, «quando si tolse il casco aveva il sangue che gli scorreva sul viso».

Durante la sua assenza Hunt gli aveva recuperato gran parte dello svantaggio. Il duello proseguì fino all’ultima gara, in Giappone, sul circuito del Fuji. Sotto una pioggia torrenziale, al secondo giro Lauda si ritirò. Hunt, invece, proseguì, giungendo terzo. Tanto gli bastò per vincere il titolo, con un solo punto di vantaggio sul ferrarista. L’episodio guastò i rapporti con la scuderia.

«La Ferrari mi paga per guidare una sua macchina, non perché mi ammazzi», disse poi Lauda, che comunque avrebbe vinto un secondo mondiale con la macchina di Maranello l’anno dopo.

Tra Nurburgring e Fuij nacque una pagina leggendaria della F1, 40 anni dopo trama perfetta per “Rush”, film di Ron Howard. “RIP” grande Niki Lauda. Eccoci al nostro ultimo incontro a Monte Carlo nel 2018», ricorda il regista, «ci siamo incontrati per la prima volta durante la realizzazione di “Rush”. Il mondo della F1 sa che la sua grinta e del suo spirito competitivo unite alla sua intelligenza e alla sua saggezza lo hanno reso un uomo eccezionale».

Tutto il pianeta delle quattro ruote ha ricordato la scomparsa di Lauda. A cominciare proprio dalla Ferrari: «È un giorno triste per la F1. Resterai per sempre nei cuori nostri e in quelli dei tifosi. #CiaoNiki” ha scritto su Twitter. «Il team ha perso una luce guida. Niki era sempre brutalmente onesto e assolutamente leale» è il commento della Mercedes-Amg, nella quale ricopriva la carica di presidente onorario dal 2012.

«Le parole non possono descrivere quanto siamo tristi di apprendere della morte di Niki. Era un grande pilota, concorrente e rivale, ma soprattutto amico di James e dell’intera famiglia Hunt. #RipNiki #HuntLauda” ha scritto su Facebook la famiglia del britannico, noto per il suo rapporto di amicizia-rivalità con l’austriaco. Che ebbe successo anche da imprenditore, fondando nel 1979 una compagnia aerea alla quale diede il suo nome. —

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