A Trebaseleghe l’addio a Liviero Franceschi: «La sua vita un modello»

Pilastro della Grafica Veneta, i 500 dipendenti gli hanno reso omaggio. I familiari: «Abbiamo scoperto quanto bene la gente gli voleva» 

TREBASELEGHE. Giovedì Trebaseleghe si è fermata per il saluto a Liviero Franceschi, stroncato da una malattia a 69 anni, uno dei fondatori e pilastro della Grafica Veneta, azienda leader nella realizzazione di libri e pubblicazioni per il mercato mondiale, e cugino dell’attuale presidente Fabio Franceschi. I cinquecento dipendenti gli hanno reso omaggio nell’ampio parcheggio aziendale, prima della celebrazione funebre nella chiesa di Trebaseleghe. Ad accoglierlo Fabio Franceschi con la moglie e don Bruno Libralesso, direttore della Casa Don Orione che ha sottolineato la mitezza di Liviero e la sua incisiva presenza, sia pure contraddistinta da poche parole: «Era un uomo che si faceva voler bene».

BASCHIERI - FOTOPIRAN - TREBASELEGHE - FUNERALE LIVIERO FRANCESCHI
BASCHIERI - FOTOPIRAN - TREBASELEGHE - FUNERALE LIVIERO FRANCESCHI


Per i dipendenti il pensiero è comune: «In qualsiasi termine si parli di lui è comunque sempre riduttivo».

Nella chiesa del paese, gremita, hanno pianto in tantissimi nel suo ricordo e il cordoglio ha coinvolto il mondo veneto e non solo dell’imprenditoria che gli riconosceva doti di lungimiranza, coraggio, visione.

Era un faro indicatore, un vulcano inesauribile di idee e uomo energico: riusciva ad assommare in sé un sacco di belle qualità umane e professionali. «La sua presenza», ha ricordato Fabio Franceschi, «è sempre stata importante, sempre in punta di piedi, quasi a non voler disturbare».

Pregnanti anche le parole spese dal parroco don Rolando Nigris nell’omelia: «Liviero è stato un uomo semplice, affidabile, che ha fatto della sua vita un modello da seguire».

Di grande effetto anche i canti della corale “Effetti Sonori” come quello iniziale “Dall’aurora al tramonto” e “Verbum Panis” in una chiesa avvolta dal bianco avorio delle rose e delle orchidee. Il pensiero dei familiari ha ricalcato il sentire comune: «Il nostro caro è stata una figura di riferimento che ci ha insegnato tanto con i suoi comportamenti e noi abbiamo scoperto quanto bene la gente gli voleva». —




 

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