Abbandonata, alla ricerca della madre

Storia di un amore impossibile scritta da Erika
Ci sono libri che meritano di essere letti a prescindere dall'argomento trattato, perchè sono spaccati di vita vissuta e propongono situazioni che chiunque di noi potrebbe toccare con mano nella propria esistenza. Erika Bolzan, distinta signora padovana madre di due figli, Barbara ed Enrico, e nonna felice insieme al marito Mario, ha impiegato oltre due anni per condensare in un'opera letteraria di quasi 300 pagine la sua, di «storia della vita», in cui - come dice - «ho messo al primo posto il promotore dei grandi valori della stessa, l'Amore».  Amore con la «A» maiuscola, perchè il titolo del libro (Alla ricerca di un amore impossibile, Vincenzo Grasso Editore, 20 euro, ricavi interamente devoluti all'Ail, l'Associazione italiana contro le leucemie di Padova) è un titolo che già dice tutto o quasi: la sofferenza di una donna che ha cercato per anni la madre naturale e non l'ha trovata perchè quest'ultima non l'ha mai voluta accettare. Era così forte e fisiologico il bisogno di incontrare chi l'aveva messa al mondo che Erika ha provato in tutti i modi a riallacciare quel cordone ombelicale, in senso figurato prima ancora che fisico, reciso di netto poco dopo la sua nascita.  Quel bisogno naturale, insieme alla speranza, è stato soffocato dall'indifferenza, dal «non ti curar di lei» che è diventata subito la discutibile filosofia di vita di una ragazza-madre di nome Lidia che aveva partorito la sua bimba il 12 ottobre 1947 in via Gabelli, di fronte all'Ospedale Civile della città del Santo, e che 40 giorni dopo bussava alla porta dei coniugi Bolzan, con la piccola in braccio, chiedendo aiuto. E trovandolo, per poi scomparire.  Mamma Emilia e papà Vittorio, i coniugi Bolzan, genitori adottivi di Erika (morti dieci anni fa), ma con quattro figli già in casa. Straordinari e unici nel loro affetto, perchè «la bontà, l'onestà e l'amore sono le tre importanti virtù che mi hanno lasciato in eredità» scrive Erika di loro. Una coppia meravigliosa, che non le ha mai nascosto la verità, e che teneva i contatti con la madre naturale, la quale aveva accennato alla sua famiglia, composta dai genitori e sei fratelli, collocandola nel Vicentino.  Erika si mise in testa cocciutamente di cercare quella donna che l'aveva abbandonata e di parlarle. Era adulta, mamma e papà adottivi non le avevano mai fatto mancare nulla, ma lei sentiva un impulso irrefrenabile di sapere perchè era stata lasciata sola a se stessa. L'incontro con la mamma fu traumatico, agghiacciante persino. Va letto e pesato, parola per parola. Il resto del racconto è la cronistoria della quotidianità di oggi nei panni di moglie, mamma e nonna. Con una morale amara, ma crudamente realistica: «Dò un suggerimento a tutti i figli adottivi: cercate ciò che desiderate senza illudervi, siate forti in ogni situazione. Voi ci siete e questa è la cosa più importante».

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