Addio a Da Campo, regista dei deboli

Venezia, nella sua carriera tre film ma anche studi su Simenon
Di Michele Gottardi

VENEZIA. È morto ieri a Venezia, dov’era nato l’8 febbraio 1943, il regista Gianni Da Campo (nella foto), una delle belle speranze del cinema italiano di fine anni Sessanta. Il suo esordio, appena 25enne, avvenne in pieno ’68, grazie a Valerio Zurlini con il quale aveva collaborato ad alcune sceneggiature. Zurlini contribuì ad assemblare il denso materiale che Da Campo aveva filmato: nacque “Pagine chiuse”, presentato con successo a molti festival, da Venezia a Teheran, da Cannes a Pesaro, che resta l’opera migliore tra le tre che Da Campo ha girato nell’arco di vent’anni.

Il film narra una storia di solitudine infantile, all’interno di un collegio: per questo è stato avvicinato per un verso a Marco Bellocchio e per un altro a Ermanno Olmi.

Il tratto descrittivo di Da Campo, confermato nei suoi due film successivi (“La ragazza di passaggio”, 1972, e “Il sapore del grano”, 1986), si è sempre contraddistinto per la leggerezza con cui univa la propria sensibilità autobiografica a quella dei protagonisti, chiusi in se stessi, abbandonati, isolati ai margini delle rispettive comunità, vuoi perché omosessuali - e il suo è stato uno dei pochi sguardi consapevoli “non militanti”, si veda “Il sapore del grano” - o perché donne animate da un femminismo interiore che non sempre riusciva a diventare pubblico, come nella “Ragazza di passaggio”. Anche l’attenzione verso il Veneto non è mai stata omologata e i suoi cast hanno dato spazio a giovani interpreti, anche non professionisti, che dirigeva con la disponibilità di un docente quale è rimasto sino alla fine. Un’esperienza - quella del professore di scuola media - che spesso ha travasato sullo schermo, come nel “Sapore del grano” con Marina Vlady (1986) – anch’esso alla Mostra del cinema – storia di un universitario, supplente in un paesino nell’estremo nordest. Ma da Campo non è stato solo docente, sceneggiatore e regista. Esperto di Georges Simenon, ha curato la traduzione italiana per Marsilio (1996) della biografia che Stanley G. Eskin ha dedicato allo scrittore belga, oltre a scrivere un volume (“Simenon, l'uomo nudo”, 2004) assieme a Claudio G. Fava e Goffredo Fofi.

Michele Gottardi

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