Addio all’icona sexy di “Malizia”

Attrice tormentata, voleva essere dimenticata. Fu portata al successo dal regista padovano Samperi
La copertina del film 'Divina creatura ' girato da Giuseppe Patroni Griffi nel 1975, protagonista Laura Antonelli che interpreta una scena di nudo integrale della durata di ben sette minuti. ANSA/INTERNET
La copertina del film 'Divina creatura ' girato da Giuseppe Patroni Griffi nel 1975, protagonista Laura Antonelli che interpreta una scena di nudo integrale della durata di ben sette minuti. ANSA/INTERNET

ROMA. C ’è il segno del fato e la volubilità degli dei nella storia artistica e personale di Laura Antonelli che da molti anni aveva legato la sua vita al ricordo di un tempo glorioso da star e icona sexy del cinema italiano. Se n’è andata in silenzio, senza che nemmeno una persona cara le fosse vicina al momento della morte. Dal fatale 1991, quando in pochi mesi il mondo le rovinò addosso prima per uno sciagurato intervento di chirurgia estetica e poi per un doloroso processo per detenzione di cocaina, nessuno l’aveva più vista su un set e sempre più radi si erano fatti i suoi contatti con il mondo esterno. Ma per un’intera generazione Laura Antonaz, profuga istriana nata a Pola il 28 novembre 1941, è stata la più intensa espressione di fascino, erotismo e sapore del proibito costruita dall’incerto star system nazionale degli anni ’70. Emigrata prima a Napoli e poi a Roma, insegnante di educazione fisica, timida bellezza da fotoromanzi, Laura Antonelli si avvicina al cinema con registi-talent scout come Antonio Pietrangeli (“Il magnifico cornuto”, 1964) e Luigi Petrini (“Le sedicenni”, 1965). Sono gli anni in cui il corpo femminile viene “sdoganato” al cinema sull’onda dei primi fremiti proto-femministi della Swinging London e di questi approfitta Massimo Dallamano per offrirle una parte da protagonista in “Venere in pelliccia” dal romanzo-scandalo di Leopold von Sacher-Masoch nel 1969. Il film viene bloccato dalla censura e quando uscirà, nel 1975, col titolo “Le malizie di Venere”, risulterà stravolto. Ma per l’attrice rimarrà un segno del destino: la sua bellezza bionda, anomala e antica era destinata a incarnare un ideale femminile ben diverso da quello delle donne mediterranee, da Sophia Loren a Monica Bellucci. «Sono bassina - diceva di sè -, un po’ tondetta e ho le gambe piuttosto corte: chissà perché piaccio?». Tutto questo però non mostrò Pasquale Festa Campanile esibendo la sua schiena («La più bella mai vista dopo Marylin» - diceva il suo partner Lando Buzzanca ne “Il merlo maschio” del 1971) e neppure il padovano Salvatore Samperi che la scelse per “Malizia” nel 1973 esaltandone la seduttività casalinga. Fu un trionfo clamoroso e inatteso. Il film aprì le porte al filone della commedia erotica. Fu difficile da quel giorno per Laura Antonelli liberarsi da un cliché. A Parigi stava diventando una donna-copertina per il successo, a fianco di Jean-Paul Belmondo in “Trappola per un lupo” di Claude Chabrol e per la turbolenta relazione amorosa con il divo francese. «Fu per me prima di tutto una compagna adorabile, dallo charme eccezionale», ha detto di lei Belmondo, appreso della morte. In Italia la Antonelli restava la musa di Samperi per “Peccato veniale” (1974) ma cercava occasioni più prestigiose con Dino Risi (“Sessomatto”) e Luigi Comencini (“Mio dio, come sono caduta in basso!”). Tra il 1975 e il 1977, l’occasione della vita: la elessero ad icona del cinema d’autore Peppino Patroni Griffi (“Divina creatura”), Luchino Visconti (“L’innocente”) e Mauro Bolognini (“Gran bollito”). Forse solo Visconti seppe aggiungere alla sua presenza scenica il lato segreto dell’attrice, la sua fragilità tormentata che celava un desiderio di normalità inespresso. Ma anche occasioni di prestigio come le due collaborazioni con Tonino Cervi nel segno di Molière finirono nel calderone di una popolarità che guardava più alle sue gambe e al bellissimo fondoschiena che alla sua sensibilità. Eppure non vanno dimenticati negli anni ’80 i “suoi” registi e autori di qualità: Patroni Griffi (“La gabbia”), Bolognini (“La venexiana”), Ettore Scola (“Passione d’amore”). Come una nemesi tornò invece a Samperi in quel fatale 1991 per un remake del suo film più amato e chiacchierato: uno sfortunato “Malizia 2000” che non pagò al botteghino, le costò un volto sfigurato dalla reazione allergica alle iniezioni di collagene. Segnò il suo addio agli schermi.

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